Thony in concerto a Prato.

Partiamo da un’osservazione che mi sembra abbastanza obiettiva: il tuo 2012 è andato alla grande. Prima il film di Virzì, poi il disco “Birds”, adesso il tour che ti sta facendo toccare le più grandi città italiane. Come si è stravolta la tua vita in così poco tempo? Come era la giornata “tipo” di Thony prima e dopo di questo “uragano”?
«Sì, è stato un anno incredibile! Non sono così tanto lucida da dirti come sono cambiate le mie giornate, o forse non sono granché cambiate. Ho soltanto più impegni, ma ho sempre dedicato gran parte del mio tempo alla musica, come adesso».

Esiste un tuo episodio in cui hai deciso “io da grande vorrei tanto fare la cantante”?
«Non ho mai pensato che avrei voluto, piuttosto era come se lo sapessi, cioè da bambina sapevo che avrei fatto questo. Non so dirti cosa ha portato cosa».

Vieni affiancata come stile a Cat Power, Joan As Police Woman, le canzoni per il film “Tutti i santi giorni” hai detto che, su richiesta di Virzì, sono state ispirate ai pezzi più scarni di Nick Drake. Indubbiamente non sono sonorità italiane, a volte del Nord Europa, altre soul, altre ancora rock-folk. Quali sono i tre dischi che hanno segnato la tua formazione stilistica e musicale e perché?
«I dischi che mi hanno cambiata sono stati forse: “Jagged Little Pill” di Alanis Morissette, il live “ON TWO LEGS” dei Pearl Jam e “Grace” di Jeff Buckley. Perchè hanno segnato una svolta prima a livello emozionale e poi a livello stilistico».

Viene da sola, data la tua prova da attrice: i tuoi tre film preferiti?
«Minchia, ma perchè sempre tre? “Eternal sunshine of the spotless mind” di Gondry, “I tenembaum” di Wes Anderson e tipo tutti i film e non film di Walt Disney».

Non essendo un’attrice di professione credo sia stata una bella prova quella del film, riuscita egregiamente. Nel film: sputi in faccia al datore di lavoro, canti in locali in cui nessuno ascolta, affronti il problema di una gravidanza complicata di giovane coppia, con tutti i suoi alti e bassi, le crisi e le piccole gioie. Quanto c’è di Federica nel personaggio del film di Virzì?
«Quando mi hanno chiamato il personaggio era già scritto, Antonia esisteva già tra le pagine della sceneggiatura. Ho cercato di tirare fuori quella parte di me che predominava a 20 anni. E’ stato divertente».

Parliamo delle canzoni: quando componi? Te lo imponi, ti concedi un periodo, oppure scrivi su ispirazione?
«Non è una cosa predeterminata. Sicuramente però bisogna darsi del tempo per scrivere delle cose, anche solo per l’atto di mettere mano ad uno strumento. Quando lavoravo tanto mi capitava di inventare delle cose durante i viaggi in motorino, altre volte ho sognato dei pezzi di canzoni. Però difficilmente me lo impongo, anche se per l’occasione del film l’ho fatto e mi sono anche divertita».



Bruno Lauzi, intervistato, alla domanda “perché le sue canzoni sono sempre così tristi?” rispondeva “perchè quando sono felice esco”: quanto incide l’umore nel tuo comporre? Cosa fai quando “sei felice”?
(ride) «Ha ragione Lauzi. La trovo un’onesta interpretazione. Però spesso scrivere canzoni mi rende felice. E quindi è tutto un cerchio».

Adesso il live. In molte recensioni di tue performance viene fuori molto spesso l’espressione “mi sono sentito a casa, in salotto”: cosa ricerchi nel live? Ti spaventa? Cosa vuoi “trasmettere” (si dice ancora così?) al tuo pubblico rispetto al disco?
«Diciamo che non sono brava a mantenere un personaggio sul palco, sono fin troppo naturale e questo spesso mi fa sentire disarmata e suscettibile ad ogni cosa. Sì, ho paura ogni volta che devo suonare, quindi e’ chiaro che io sia fortemente masochista».

Alla batteria hai Cesare Petulicchio dei Bud Spencer Blues Explosion, abituato a ben altre sonorità: come si trova in questa veste?
«Non so come si trovi Cesare. Io con lui mi trovo bene. Comunque credo che una delle cose che lo spinge a suonare con me sia proprio il fatto di aver sempre suonato cose molto differenti. Credo sia stimolante».

Vai a vedere concerti di altri? Il concerto cui hai partecipato come spettatrice che ti è rimasto più nel cuore?
«Sì, fino ad un paio di anni fa andavo a tutti i concerti che avevano un biglietto inferiore ai 15 euro. I concerti più belli sono quelli che ho visto da ragazzina, tipo Alanis morissette per “Supposed former infatuation junkie” a Milano dove andai da sola con un amico (e mi tagliai un dito cercando di prendere l’armonica che lei tirò sul pubblico), e poi il concerto di “Wildbirds and Peacedrums” ad un festival nelle Marche, qualche anno fa».

E per concludere domanda d’obbligo: 2012 alla grande, programmi e progetti per il 2013?
«Nel 2013 cercherò di godermi quello che ha portato il 2012 prima di tutto. E di divertirmi».