Il film della settimana è LA GRANDE BELLEZZA perché i film di Sorrentino vanno visti a prescindere. E’ l’unico autore – insieme a Garrone – che può fare il cazzo che gli pare sul set, tipo portarci dei bufali o delle giraffe. Quindi il suo cinema va sostenuto e visto sempre, indipendentemente dai risultati, che sono spesso lontani dal Grande Cinema tout court.

Antirosselliniano, antinaturalista, sempre lontano dalla realtà e dai neo-neorealismi (questo per fortuna, verrebbe da dire) senza per questo avvicinarsi al surrealismo o al grande grottesco italiano (vedi l’ultimo film di Ciprì), ma semmai sulla strada ostinata di un iperrealismo formalista alla P. T. Anderson, Sorrentino è agli antipodi della tradizione italiana: Monicelli chiedeva ai suoi sceneggiatori di scrivere solo scene “minori” per non perdere di vista il racconto, Sorrentino scrive ormai solo scene madri. C’è da dire che quando il Sorre nazionale si accontentava di raccontarci le storie facendosi le seghe coi dolly e le carrellate A LATERE i suoi film funzionavano di più – L’uomo in più e Le Consequenze dell’amore -, mentre da quando si è messo a giocare sporco, come il peggiore degli juventini, spesso il suo cinema deraglia in film vuoti e compiaciuti, in cui al palesamento del brutto insistito della vita corrisponde sempre, senza sfumature, il solito stile roboante – L’Amico di famiglia, comunque interessante nonostante i videoclip, e il terribile This Must be the Place, di cui si salva solo quella specie di videoclip del brano di Byrne a metà film.

Ora il dubbio era: posto che l’eccesso è da sempre la cifra di Sorrentino riuscirà stavolta il nostro a raggiungere il paradossale equilibrio de Il Divo che di suo non raggiungeva la profondità analitica degli ultimi lavori di Bellocchio per dire, ma da un punto di vista strettamente spettacolare si imponeva come il film migliore del Sorre?

La risposta è no, non ce la fa. Perché se Il Divo era aiutato dalla figura mitologica di Andreotti, dai suoi aforismi che facevano da collante al solito film strabordante qui il Sorrentino sceneggiatore, insieme al solito Contarello, non è chiaramente all’altezza delle ambizioni del Sorrentino regista (e crediamo che la colpa sia delle ambizioni del Sorrentino scrittore, autore di un romanzo tra l’altro bruttarello). E senza stare a scomodare Fellini, Flaiano – Sorrentino non ha il dono dell’ironia, che è prima di tutto pudore – o Roma o La Notte a infastidire è lo scollamento – evidente in un film mostruosamente lungo, due ore e mezzo – tra lo stile e il racconto. Che quando combaciano danno vita a momenti straordinari, specie all’inizio, mentre quando il testo rasenta la superficialità di certi temini alla Gramellini o un bozzettismo radical chic più vicino a Vanity Fair che a Céline – nonostante le citazioni – si piomba nell’imbarazzo più totale.

Lode al coraggio dei produttori che danno al Sorre libertà assoluta sul final cut, senza intervenire di cesello sul montaggio. I fan del Sorrentino impazziranno e grideranno al capolavoro assoluto perché il film ha TUTTI i pregi e TUTTI i difetti del suo cinema. Invitiamo gli altri a vederlo come fosse una rassegna di cortometraggi più o meno riusciti. Perché di quello siamo convinti: Sorrentino è il più grande regista di cortometraggi del cinema italiano contemporaneo. A Prato al Terminale, all’Omnia e all’Uci.

BRRRUUUM. Arriva FAST & FURIOUS 6. E i truzzi vanno sul sicuro. Alla cabina di regia c’è Justin Li, che ha già diretto 3 film della saga (tra cui il quinto, forse il migliore). C’è Vin Diesel ovviamente, Paul Walker per le ragazzine, gnocche per tutti i gusti (la specialista Gina Carano, star di Knockout di Soderbergh e Michelle “Picchiaduro” Rodriguez, ma anche curve più morbide come Elsa Pataky o Gal Gadot). Una macchina oleatissima per sbancare il botteghino a colpi di action. Certo il montaggio-che-non-lascia-capire-un-cazzo-dell’azione può fare venire crisi epilettiche ai cinefili abituati ai piani sequenza di Bela Tarr, ma perlomeno è cinema onesto.


All’Omnia Center e all’Uci.

Per i campanilisti delle commedie toscane esce UNA VITA DA SOGNO, dell’aiuto regista di Pieraccioni Domenico Costanzo, suo amico da una vita. Il film doveva essere girato a Prato, vista la presenza di numerosi orientali nel cast, poi l’azione si è spostata a Firenze. Peccato per i campanilisti delle commedie pratesi. Il film è una commedia sentimentale – Costanzo con molta modestia scomoda Billy Wilder nelle agenzie stampa – con Alessandro Paci al posto di Jack Lemmon che si innamora di una bella ragazza cinese, Eugenia Tempesta. Lui fa finta di essere ricco, lei fa finta di non essere una mignotta di lusso. Come in Provaci ancora Sam di Allen o meglio in Il mio amico Eric di Loach o ancora meglio nella puttanata di Pieraccioni con Marylin Monroe, qui è il Ceccherini ad apparire al protagonista nella parte di Cekke Lin (sic), eroe del kung fu. Infatti il film è – per definizione del regista – un “macaroni kung fu movie sulla scia di Tarantino”, oltre che una love story degli equivoci sulle orme della commedia classica americana. Non l’abbiamo ancora visto, dal trailer sembra un prodotto poco oltre le soglie del low budget, ma sarà sicuramente meglio di roba come Tutti all’attacco. Cast equamente distribuito tra italiani e cinesi, belle ragazze orientali (ma c’è anche una tettona del grande fratello per il pubblico meno sofisticato) e lottatori di kung fu oltre (lo specialista Tim Man) a una comparsata del grandissimo Carlo Monni in uno dei suoi ultimi ruoli.


All’Uci Cinemas.

Esce in 3d e 2d, con o senza pop corn, EPIC – IL MONDO SEGRETO, la risposta della Dreamworks (qui all’altezza) all’eroina redhead Ribelle della Pixar, dai creatori di Rio e L’era glaciale 1 2 3 4. Qui una ragazzina altrettanto rossa, ma meno ribelle dell’eroina Pixar, ha un babbo grullo ossessionato da esseri microscopici. In realtà il babbo non è grullo, ma un visionario (tipo Casaleggio insomma) e questi esseri esistono davvero e la protagonista vi si trova dentro, insieme a un guerriero fustacchione e a una serie di essere buffi in un’eterna lotta tra il bene e il male. Se avete figli tra i 5 e 15 anni vi tocca. Nota sul doppiaggio: al posto di Amanda Seyfield e Christoph Waltz (sì proprio lui) c’è Maria Grazia Cucinotta e Lillo e Greg. Che culo.


All’Eden, all’Omnia Center e all’Uci.