Foto d'archivio



Iniziamo dal nome: il monumento non si chiama “buco” né “buco di Moore” né tantomeno “buho di Moore” (alla pratese). O ancora “il molare di Prato”, perché si noterebbe una somiglianza con un dente umano. In realtà il nome dell’opera di Henry Moore è “Forma squadrata con taglio”. Abbastanza didascalica, insomma, come tante opere dell’arte contemporanea.

Donata dall’artista alla città, è stata installata in mezzo allo spiazzo erboso di Piazza San Marco nel 1974 è diventata in poco tempo parte integrante del panorama culturale cittadino.

Cos’è. La suggestiva opera è “un’architettura di forme organiche, morbidamente vitalizzate dalla luce; la moderna classicità la rende un’emblematica porta, un collegamento aperto tra il passato ed il presente di Prato”, significato ribadito anche dalla collocazione, tra il fiume Bisenzio e piazza delle Carceri ed il centro storico. In quel punto inoltre c’era un’altra porta: porta San Marco o Fiorentina, porta trecentesca, demolita intorno al 1883 per consentire l’ingresso in città della tramvia. E’ costituita da 30 blocchi di marmo delle Apuane

Altri significati del “Buco di Moore”. L’opera di marmo ha la forma di serratura, come a essere la porta d’accesso alla città. Altra possibile relazione tra l’oggetto e la città è la posizione del taglio netto in basso: il centro storico di Prato, infatti, presenta un taglio netto analogo, Viale Piave, al centro del quale si trova la scultura. Il viale fu creato incidendo la carne viva del tessuto medievale, porta San Marco compresa.

L’artista. Henry Spencer Moore è stato uno scultore britannico, uno dei più apprezzati dell’ultimo secolo. Moore divenne famoso per le sue opere astratte in bronzo di grandi dimensioni e per le sue sculture squadrate di marmo (il “buco” di Prato, ad esempio).
Henry Moore amava ispirarsi al corpo umano. Le sue statue rappresentano corpi primitivi e deformati, speso dalle lunghe membra innaturalmente distese ma dinamiche nei giochi dei movimenti. Spesso raffigurano donne, simbolo di fertilità, o figure supine che sottolineano come l’uomo appartenga alla natura. Questo tema è stato interpretato come segno di speranza e di fede nell’umanità, messaggio positivo che ha contribuito al successo di cui l’artista ha goduto dopo la Seconda Guerra Mondiale.

(fonte: “Prato e la sua provincia” di Claudio Cerretelli. Foto: Panoramio.it)