Una folle corsa attraverso le strade di Prato contribuisce ad aggiornare l’epica della sua anima industriale. Si chiama “La città vibra da cima a fondo” e l’autore è  Marco Di Domenico, che lo ha concepito e montato per il seminario “Comunicare l’Architettura e il Design” della Facoltà di architettura dell’Università di Firenze.

Un montaggio frenetico che alterna la Prato di oggi, con le sue strade, le poche ciminiere rimaste, il suo traffico e i suoi ruderi industriali al movimento frenetico dei telai in bianco e nero immortalati dalla Rai negli anni ’60. In sottofondo, la violenza delle note dei pratesi Topsy The Great viene sovrastata, come un mantra, da quella voce che cantava l’unicità di Prato nel panorama occidentale.

Un tributo pieno d’amore al paesaggio industriale di una città che oggi come allora, anche se per motivi diversi, continua a vibrare da cima a fondo.

Prato è una selva di ciminiere,
una città sconcertante
immobile e frenetica
assordante e muta
modesta e miliardaria
[…]
tutta la città vibra da cima a fondo
tutta la città è una sola fabbrica 

“E’ una corsa veloce attraverso un’estetica, dalla nascita di una civiltà fondata sul telaio all’esplosione della città fabbrica, fino alla decadenza, l’abbandono, la distruzione e poi l’ansia della riappropriazione e del riutilizzo del tessuto urbano più densamente industrializzato d’Italia: ascesa, declino e rinascita  – spiega Marco Di Domenico nella descrizione  – Il video prende forma a partire dal paesaggio urbano in cui sono nato e vissuto, quello dei capannoni, delle ciminiere, dei lunghi muri in cemento armato e mattoni avvolti da tubature d’acciaio e graffiti, le fabbriche abbandonate e andate in fiamme, il traffico opprimente, lo spettro del degrado e la bellezza delle cattedrali dell’industria, ma sopratutto delle infinite serie di piccole “chiese” officine, delle corti nascoste piene di tessuti, dei silos, dei lucernari industriali. E dalla musica di respiro internazionale che le generazioni nate in questo contesto ascoltano e producono (come il brano ispiratore del montaggio di tutta la sequenza, Giangol, del gruppo pratese Topsy the Great). Come la musica nata in tutte le città post industriali dell’Occidente.