Nel 2015 c’è sempre un buon motivo per frequentare eventi che hanno a che fare con il digitale e ce ne sono molti di più per frequentare quelli che riguardano il giornalismo alle prese con il digitale come Dig.it 2015, domani e sabato a Prato.

La rivoluzione che internet sta portando nella vita di tutti o quasi, annunciata ma dalle evoluzioni continue e imprevedibili, trova nei gruppi editoriali uno dei soggetti più attenti e coinvolti, anche perché comprendere, gestire e addirittura cavalcare il fenomeno si è rivelata da subito una questione fondamentale per la loro sopravvivenza.

Tutto questo potrebbe interessare poco o nulla i non addetti ai lavori se non fosse che proprio dagli editori grandi o piccoli dipende una cosa fondamentale che si chiama Informazione. Sono cioè i giornali cartacei o digitali che siano, e tutti quelli che ci lavorano dentro, a tenerci informati su quello che succede intorno a noi. Lo fanno di mestiere e quindi farlo è sempre stato il loro business.

Adesso che internet e i social network hanno dato a tutti la possibilità di esprimersi e livellato gli strumenti per farlo, le cose si sono messe un po’ male. I giornali devono raggiungere le persone (non più aspettare di essere raggiunti), attrarre la loro attenzione in un mondo (internet) in cui tutti, ma proprio tutti cercano di attirare l’attenzione. Insomma, molto spesso pare una guerra bella e buona e a volte chi ci rimette sembra essere la qualità dell’informazione offerta e la credibilità di chi la offre.

Un festival come Dig.it può quindi essere considerato anche dai non addetti ai lavori qualcosa in più dell’ennesimo appuntamento per giornalisti che si parlano addosso in un gioco narcisistico sul futuro della professione. Chi ha a che fare con il digitale oppure fa il comunicatore o il politico, oppure si occupa di grafica e video e infine chiunque abbia voglia di capirci qualcosa in quello che sta succedendo oggi dietro lo schermo del proprio computer, non deve far altro che presentarsi alla Camera di Commercio di Prato.

Qualche esempio?

Il panel iniziale è “Hate Speech – Gestire le comunità, non l’odio” (2 ottobre, 10-13, auditorium) e tratta l’odio, il razzismo, la violenza e quant’altro ci abbia fatto inorridire almeno una volta su Facebook o altrove. E’ il più grosso problema dei quotidiani sbarcati su internet (quando viene preso seriamente), oltre a quello dei ricavi, ma riguarda e può riguardare chiunque utilizzi i social network per lavoro.

Sulla stessa linea altri quattro appuntamenti: “Giornalismi e libertà di espressione (digitale)” (2 ottobre, 11-13, sala del consiglio), “Se le notizie si trovano sui social” (2 ottobre, 13-15, sala convegni) “L’amministrazione come è e come dovrebbe essere” (2 ottobre, 9-11 in sala del consiglio) e “Comunicare il lavoro attraverso i social” (3 ottobre, 17,30- 19,30, sala convegni)

Ci saranno poi panel più tecnici, destinati a chi le cose le fa sul campo. Questi troveranno pane per i propri denti (e i propri crediti, se sono giornalisti) con twitter, periscope, liveblogging, long form, best practice, app, filterbubble, istagram e altro ancora.

Facciamo una distinzione tra giornalisti contrattualizzati e freelance (e collaboratori)?
Facciamola. I secondi dovrebbero quantomeno presentarsi al panel principale di sabato mattina, “Il giornalista imprenditore: unica via eppure impossibile da percorrere” (10-13, auditorium). L’impressione è che si parlerà del loro (nostro) futuro, e il loro (nostro) futuro crea qualche discussione. Anche costruttiva.