La frase del giorno a Prato è una domanda: “Hai visto Le Iene ieri sera?”. Perché il programma Mediaset ieri sera (31 gennaio) ha mandato in onda un servizio televisivo sullo spaccio d’eroina nel centro storico della città. Ci stavano lavorando da tempo e come sempre quando Prato finisce in televisione per cose poco gradite, tanti pratesi si sono indignati come se fino a quel momento non ne sapessero niente. Invece sono anni che i giornali e le televisioni locali ne raccontano periodicamente ogni sfumatura, ma è evidente che un problema acquista un peso maggiore quando finisce sulle tv nazionali e viene visto da milioni di telespettatori. E acquista un peso maggiore per tutti, non solo per i semplici cittadini. Sicché, ben venga il servizio delle Iene se capace di portare maggiore consapevolezza nei pratesi ma anche e soprattutto nella politica, quella locale e quella che conta.

Emergenza sociale e spaccio di droga

Se a qualcuno è capitato di frequentare via Pier Cironi nel 2013, ricorderà come si presentava all’epoca la strada a due passi dal Duomo: tossici e spacciatori tutto il giorno e a tutte le ore in totale libertà. E’ una scena non molto diversa da quella cui si potrebbe assistere oggi (1 febbraio 2016), anche se oggi i secondi si muovono in bicicletta cercando di dare meno nell’occhio. All’epoca, e non stiamo parlando di 15 anni fa, la recrudescenza del fenomeno eroina a Prato era appena iniziata e tra i primi, se non per prima, l’associazione “Recuperiamoci” lanciava l’allarme che in pieno centro storico stava succedendo qualcosa di molto grave.  Nell’indifferenza delle istituzioni e non solo, partirono le prime iniziative e le prime campagne per la raccolta delle siringhe, perché nel frattempo la zona della Passerella era diventata la stanza del buco del centro storico. Nella primavera del 2014, riassumendo, divenne evidente che il centro di Prato era diventato una vera e propria piattaforma logistica per lo smercio di eroina.  E le cose vanno avanti come se nulla fosse.

Poi ci furono le elezioni, Biffoni e la nuova giunta. Nel gennaio 2015 viene predisposto il primo, necessario intervento per entrare in contatto con il popolo dei tossicodipendenti in arrivo a Prato.  Gli operatori di strada, qualche mese dopo, produrranno un primo devastante rapporto che per qualche tempo getterà in allarme la città e per la prima volta darà il quadro ufficiale del quadro noto a tutti: a Prato c’è un’emergenza sanitaria che riguarda centinaia di giovani e meno giovani che ogni giorno arrivano in città. Poi verrà attivata anche una commissione speciale per lo studio del fenomeno, mentre nel frattempo si susseguono gli interventi della forze dell’ordine, il costante ma inconsistente impegno della polizia municipale a contrasto dello spaccio, la demolizione della rampa del bastione del Serraglio (che il servizio delle Iene ha dimostrato non essere servita a niente perché ancora agibile), la chiusura del market di Santa Margherita e il nuovo regolamento del commercio, “pensato” per arginare nuove aperture di market etnici, come se ci fosse qualcosa che impedisce a chiunque di aprire un fioraio invece di un mini market.

I risultati sono sotto gli occhi tutti e vogliono dire una cosa sola: gli sforzi fatti non bastano. E forse non bastano non solo perché si è arrivati tardi ad affrontare i problemi e perché il potere dell’amministrazione è limitato, le risorse delle forze dell’ordine sono limitate così come le leggi poco efficaci e perché, tra l’altro, questi soggetti sembrano fare davvero poco per dialogare tra loro. Forse non bastano perché la faccenda viene riassunta con il fuorviante termine “degrado” quando invece a tossicodipendenza e spaccio andrebbe dato il peso che meritano e una descrizione articolata: e cioè che a Prato c’è un’emergenza sanitaria reale legata alla tossicodipendenza e che questa viene alimentata da un eccezionale mercato di sostanze stupefacenti che si svolge intorno alla stazione del Serraglio. Sono cose distinte, anche se legate a doppio filo, e sono cose che continuare a sottostimare per portata e ricadute non potrà che far peggiorare.

Anche perché Prato sembra a un bivio politico, culturale e amministrativo. A fronte di una città ancora alle prese con gli effetti della crisi sul lavoro, con un’immigrazione monumentale gestita alla meno peggio quando non lo è stata affatto, è e sarà sempre di più una città in movimento. Per questo, guardando avanti, bisognerebbe avere il coraggio di prendere in considerazione che spaccio e tossicodipendenza non possono essere più lasciati a se stessi, nell’ultimo gradino dell’agenda politica e amministrativa, ma andrebbero gestiti alla stessa stregua di altri urgenti e peculiari fenomeni cittadini. Andando a bussare in Regione e a Roma, chiedendo aiuto, redigendo piani e progetti precisi, stanziando le giuste risorse e magari cominciando a sperimentare soluzioni già testate a dovere altrove.

Il servizio delle Iene

Telecamera nascosta, montaggio serrato, drammaticizzazione esasperata e zero rispetto per alcuni soggetti in causa, di solito sono quelli individuati come “responsabili” di questa o quella malefatta sono ormai i marchi di fabbrica delle Iene. Nel caso di Prato manca di descrivere il contesto del fenomeno e di inserirlo in una prospettiva temporale, non cita i dati che invece sarebbero disponibili e non si sforza, tra le altre cose, di sentire l’altra faccia della medaglia, che in questo caso sono le forze dell’ordine e l’amministrazione. Rincorrere per strada i vigili e i carabinieri conta solo per la spettacolarizzazione del racconto.

Se questi elementi fossero stati presi in considerazione, oggi i milioni di telespettatori che iersera hanno assistito al servizio avrebbero probabilmente un’idea molto più chiara di quello che sta succedendo davvero a Prato, ma non sarebbe più stato un prodotto delle Iene. Così il servizio si limita a far vedere quello che succede ogni giorno intorno alla stazione di Porta al Serraglio. Segue alcuni minorenni, documenta la loro iniezione e la loro fumata, riprende, insegue e provoca gli spacciatori mentre fanno quello che fanno tutti i giorni. Che di sicuro è una fotografia aderente alla realtà delle cose ma non è sufficiente a spiegarne la complessità.

Il risultato è che nell’indignazione generale c’è chi pensa che il centro storico di Prato sia un luogo invivibile quando invece così non è, per fortuna. Oppure c’è chi reagisce al servizio additandolo come un’esagerazione, e anche questo è un errore. C’è chi dice poi che il fenomeno c’è eccome e da tempo viene denunciato senza che nulla cambi, affermazione abbastanza difficile da confutare. O chi alza le spalle spiegando che lo spaccio in centro storico c’è fin dagli anni ’70 e che quindi poco male, condannandosi ad un’immobilità inaccettabile.  Non dimentichiamoci poi di coloro che danno la colpa alla sola politica o di quelli che accusano solo le forze dell’ordine, che evidentemente non riescono a comprendere che le cose raramente sono tutte bianche o tutte nere. I pratesi hanno finito insomma per non capirci più nulla tra spacciatori, baby-tossici, forze dell’ordine, politica, siringhe, commercianti indignati, mamme esasperate e quello che più in generale viene identificato con “degrado” del centro storico. Di fronte a una realtà che non cambia come vorremmo o che lo fa molto lentamente, si arriva facili alla frustrazione. Invece bisogna distinguere e provare a darsi da fare davvero.