“Sono disponibilissimo ad ogni tipo di confronto pubblico sul tema dell’integrazione”. Non ha atteso molto il vicesindaco Simone Faggi per rispondere all’appello per un incontro pubblico sul futuro dell’integrazio in città lanciato oggi pomeriggio da tre ricercatori pratesi in risposta alla notizia dell’abolizione della Festa delle Luci.

Una chiacchierata-fiume in cui il vicesindaco e assessore alle politiche per la cittadinanza ha ribadito e in alcuni casi allargato le argomentazioni che hanno portato al niet della giunta alla seconda edizione della Festa delle Luci. Ma partiamo dall’appello lanciato da Sara Iacopini, Andrea Valzania e Caterina Guidi, tre ricercatori che da anni studiano e analizzano i flussi migratori di Prato.

Sull’appello

La vicenda assume i connotati di una piccola tragedia familiare. “Io credo che la Festa delle Luci sia un grosso abbaglio e che nel comunicato e nei toni dei tre ricercatori, che conosco da tempo e che stimo professionalmente, così come nelle dichiarazioni di Blasi ci sia un certo grado di strumentalizzazione”, esordisce Faggi. “Dico solo che mi sono sentito messo in un angolo in modo strumentale perché le analisi di Blasi e dei tre ricercatori le condivido tutte – spiega – la loro lettura è la mia lettura, ma con un’unica grande differenza: io penso che loro abbiano una visione neutra dei componenti della comunità cinese, cioè che li considerino sospendendo però il giudizio. Io invece credo che gli imprenditori cinesi siano parte attiva della nostra società e come tali vadano responsabilizzati. Quindi sono dispostissimo ad un confronto pubblico purché tutti si mettano in gioco – prosegue – così magari loro ci offriranno una nuova chiave di lettura, e magari si accorgeranno che qualche volta possono sbagliare anche loro”.

La festa delle luci è stata un fallimento

Il vicesindaco articola le motivazioni che hanno portato all’abolizione della seconda edizione della festa delle luci. E comincia dicendo che al quartiere serve qualcosa di ben diverso da una festa stereotipata.

“Lo dico con un certo sconforto perché possiamo considerarla una sconfitta: la prima edizione della festa delle luci non ha lasciato nulla nel quartiere – ammette Faggi – e forse allora abbiamo bisogno di qualcosa di diverso da una festa stereotipata come quella. Qui però intendiamoci: noi abbiamo riportato il dragone sotto il Datini in piazza del Comune perché la riteniamo una questione di dignità che era necessario ripristinare e sono il primo a dire che la prima Festa delle Luci sia stata un successo perché il format portato da Compost è stato poi realizzato con grande professionalità e efficienza. Ma dobbiamo anche dire  – prosegue il vicesindaco – che è stato un format calato dall’alto, avulso cioè dal quartiere in cui è stato inserito. Quest’anno il progetto era di fare un vero e proprio festival dell’oriente, le cui implicazioni turistiche sono indubbie, ma non sono quelle che servono adesso al Macrolotto Zero. Se si deve fare business allora basta il palazzetto dello sport – conclude Faggi – noi vogliamo far germogliare un senso di appartenenza al quartiere”.

Il senso d’appartenenza

Faggi analizza le criticità di Chinatown, e fornisce finalmente un collegamento tra tutti gli elementi emersi fino a questo momento: rifiuti, integrazione, iniziative culturale e soldi.

“Abbiamo bisogno di sostanza e ne abbiamo bisogno proprio perché la nostra città vive la diversità tutti i giorni e il suo futuro è rappresentato dalla diversità – dice Faggi – a Chinatown c’è un problema enorme legato all’ambiente, chi non lo prende in considerazione dimostra di non conoscere il quartiere. Proprio oggi, durante un incontro con Asm e la municipale, abbiamo capito che finché ci saranno i cassonetti (20 gennaio ndr) non potremo renderci conto di come funziona il porta a porta. Sono stati due anni di mancati passi avanti, in cui le abbiamo provate tutte e nonostante questo non abbiamo ottenuto alcun risultato concreto. Così nel prossimo futuro metteremo in piedi un sistema serrato di controlli – aggiunge –  che però dovrà unirsi per forza ad altre iniziative, perché l’unica soluzione è far smettere di vivere Chinatown come un luogo di passaggio, come un semplice dormitorio. Anche per questo non ci è sembrato adeguato investire in una seconda edizione della festa delle luci: stiamo ascoltando chi vive nel quartiere, stiamo agendo sui rifiuti e contiamo di cambiare volto a quelle strade con grandi interventi urbanistici. Stiamo cioè cercando di creare davvero le condizioni per una convivenza reale – conclude – se poi mi si chiede se si potevano fare queste cose insieme alla festa delle luci, certo che si potevano fare. Ma magari, in questo momento, non ci sono le forze necessarie per farlo”.

La nuova festa di Chinatown

“E’ necessario far partire le cose dal basso”. E’ una specie di mantra, questo. Che unito al termine “germogliare” forse spiega meglio di tanti altri discorsi cosa intende il vicesindaco e la giunta tutta del metodo necessario a cambiare davvero volto a Chinatown.

“Da aprile 2017 metteremo in piedi una serie di iniziative nel quartiere e lo faremo insieme a quelle associazioni già attive nella zona come per esempio Dryphoto o Chi-Na”, annuncia il vicesindaco. Per poi spiegare che una festa del quartiere rimane sempre all’orizzonte. “E’ più difficile mettere in piedi una cosa vera rispetto a una festa qualsiasi – conclude Faggi – Noi vogliamo fare una festa che serva a quel quartiere, una cosa che abbia un significato vero. E Quando avremo le forze e le condizioni per farla, la faremo”.

L’incontro pubblico

“Io lo farei anche il 27 ma fino al 2 gennaio non sarò a Prato per un impegno programmato – dice Faggi – da quel momento mi va bene ogni giorno e ogni luogo”.