buonamici jazz
Fotografia di Augusto Biagini.

Una carriera sul filo del jazz e della musica brasiliana, Elisa Mini sta per dare alle stampe il suo primo album solista, “Beyond the line”.

Un album che arriva dopo una serrata serie di partecipazioni, tra cui quella all’ultimo album di Francesco De Gregori, e di riconoscimenti come l’ingresso nell’Orchestra Nazionale Giovani Talenti Jazz e la vittoria  del “Solevoci International Contest” non solo nella categoria “jazz” ma anche come miglior solista in assoluto.

“Beyond the line” esce il prossimo 5 maggio per Nadir Music.

Quando e come è nata la tua passione per questo tipo di musica? E quella per la musica brasiliana?

“In realtà a mio avviso il jazz è un linguaggio molto più immediato di altri: è molto viscerale, esalta l’espressività del singolo, la sua originalità. Nasce come musica di tradizione orale e rurale e da lì si è sviluppata nella cosiddetta “musica colta” che ascoltiamo oggi. Proprio per questa sua caratteristica è un terreno in cui si può avere in realtà grande margine di innovazione, ricerca sonora ed espressiva. Fin da piccola ho sempre ascoltato di tutto e sono stata attratta dalle infinite possibilità comunicative della musica, anche improvvisata. Sono “arrivata” all’ascolto e poi allo studio della musica jazz dopo aver militato per anni in altri generi (Il rock-progressive principalmente, passando per il grunge, Joni Mitchell, Steely Dan, Lucio Dalla…). Grazie all’incontro con Stefania Scarinzi ho avuto poi modo di ascoltare i primi dischi di swing e di Charlie Parker e di innamorarmene, fino ad arrivare a fare della musica la mia vita, studiando in conservatorio. Il binario della musica brasiliana è corso sempre parallelo a questo, ho avuto la fortuna, da giovanissima, di incontrare e collaborare con musicisti brasiliani che vivono in Italia e di avvicinarmi alla M.P.B (Musica Popular Brasileira) guidata da chi ne aveva una conoscenza autentica. Ho imparato molto e scoperto un mondo musicale ricco di bellezza”.

“Beyond the line” è il tuo primo lavoro. C’è un filo comune nelle canzoni? Parlano di qualcosa in particolare o sono slegate le une dalle altre?

“Da un certo punto di vista questo disco è quasi un “concept album” perchè ho raccolto in esso gli ultimi anni della mia vita in cui ho viaggiato molto e ho vissuto in città diverse…Una condizione non facile, sebbene per certi versi elettrizzante, in cui si sperimenta anche la solitudine. I brani raccolgono i miei stati d’animo, i momenti di euforia ed alcune riflessioni su cosa si ha e cosa si perde nel fare una scelta di questo tipo. Alcuni sono una fotografia dei luoghi in cui sono stata. La “linea” a cui mi riferisco nel titolo è il fil-rouge che unisce tutti questi brani perchè in ogni scelta che si fa c’è un rischio, una linea che si può decidere di oltrepassare o meno, oppure un obiettivo da raggiungere, un orizzonte. Il provare ad andare oltre -“beyond” appunto- è un po’ un tentativo di vivere la propria vita a pieno, determinandosi”.

C’è un pezzo a cui tieni particolarmente?

“Questa è una bella domanda. Sono ovviamente legata
a tutti i brani del disco, ma forse quello a cui tengo di più per vari motivi è “Via dei Chiari”, perchè contiene molte delle riflessioni di cui abbiamo parlato prima. Il nome del brano è quello della via in cui abitavo negli anni in cui ho vissuto a Bologna”.

Com’è andata la registrazione? Ci sono collaborazioni particolari di cui vorresti parlare?

“Abbiamo registrato il disco al Sam Studio di Lari a fine agosto scorso. Sono stati giorni intensi di lavoro e concentrazione ma alla fine ne è valsa la pena… Andrea Ciacchini, l’ingegnere del suono, ci ha seguiti nella fase di ripresa dei suoni. I ragazzi della band (Manuel Magrini, Francesco Pierotti, Bernardo Guerra) sono stati fantastici, siamo un bel gruppo. Nel disco hanno contribuito anche altri validissimi nomi del jazz  Italiano come Achille Succi, Cristiano Arcelli, Mirco Rubegni, Federico Pierantoni e Giovanni Benvenuti.  Sono molto onorata di questo. Un plauso speciale va a Federico Gasperi della Nadir Music, etichetta per cui esce il mio disco, persona splendida oltre che competente e assolutamente professionale”.

Quando sarà possibile vederti dal vivo, e dove? Puoi darci qualche anticipazione per il 5 maggio a Firenze?

“Il primo appuntamento live coinciderà con l’uscita ufficiale del disco sia in formato fisico che digitale e sarà venerdì 5 maggio alla Sala del Rosso a Firenze. Sono molto felice di aver avuto la possibilità di fare il concerto di presentazione in questo luogo, pensato appositamente per l’ascolto ottimale della musica: non è
un semplice club. Sul palco con me ci saranno i ragazzi della band che hanno registrato (Manuel, Francesco, Bernardo), assieme a Giovanni Benvenuti (sax tenore e soprano) e Federico Pierantoni (trombone). In più anche altri ospiti e una eccellenza della fonia ai suoni: Andrea Pellegrini. Ci sono altre date in arrivo in estate ed in autunno, prestissimo vi aggiornerò”.

Com’è stata l’esperienza all’European Jazz School? E quella con De Gregori?

“L’European Jazz School è stata senza dubbio un’esperienza molto bella dal punto di vista formativo e musicale. Fui selezionata assieme ad altri studenti del mio conservatorio per suonare e seguire delle Master a Bordeaux e Francoforte. Ho conosciuto musicisti fortissimi di tante nazionalità diverse, ho imparato molto e mi sono anche molto divertita. La collaborazione nell’ultimo disco di Francesco De Gregori è stata emozionante. Ho registrato nel suo studio a Roma ed era presente anche lui. Quando ha saputo che ero toscana si è messo subito a raccontarmi delle sue origini fiorentine (sua madre era originaria di San Frediano) mentre mi preparava il caffè, mettendomi subito a mio agio. Si può dire che mi sono presa un caffè d’autore”.

Cos’è per te il jazz?

“Per rispondere a questa domanda bisognerebbe prima capire cosa si intende per “jazz”, definizione su cui fior di musicologi si scervellano da sempre. Mettiamola così: la musica per me è un’urgenza e il jazz è un contenitore in cui questa urgenza ha trovato sfogo. Per usare una metafora da autoctona potrei dire che il jazz per me è come la ribollita: non ne posso fare a meno!”.

Fotografie: www.elisamini.it