Foto di Paolo De Francesco

Dici Litfiba e ti viene in mente la Firenze degli anni ’80, quella del Tenax e della new wave, dei Neon, i Diaframma e, appunto, i Litfiba. Che il loro nome sia l’indirizzo telex della loro sala prove in via De Bardi a Firenze non è più un mistero, sala prove dove fra l’altro è stata girata questa meravigliosa intervista andata in onda su Tv Prato, come non è un mistero che siano stati e restino uno dei pilastri del rock mediterraneo.

La band fiorentina salirà sul palco di Settembre, Prato è spettacolo il 2 settembre. Il loro ultimo lavoro, Eutòpia, ha esordito al terzo posto della classifica italiana e al primo posto fra i vinili, e noi abbiamo fatto una chiacchierata con Piero Pelù e Ghigo Renzulli.

Parliamo del nuovo disco: i testi di Eutòpia parlano molto della situazione attuale.

Il significato della parola Eutòpia è diverso da utopia: sono due cose diverse. L’utopia è qualcosa che esiste solo nella fantasia mentre eutòpia significa “il bel luogo”, ed esiste: sono tutte le belle situazioni di paesi dove si vive bene, dove c’è spazio per tutti e rispetto delle regole, dove ci si può esprimere per ciò che si è e che si vale. L’Italia non è un grande esempio da questo punto di vista, ma ci piacerebbe che si ispirasse a tutti quei paesi dalla Germania in su, al di là che ultimamente la Lonely Planet ha nominato Borgo San Frediano come miglior quartiere mondiale. Parliamo di paesi come Norvegia, Canada, Finlandia, Danimarca: luoghi che sono in cima alle classifiche mondiali per qualità della vita. Poi anche senza andare troppo lontano per noi anche il palco è un luogo eutopico.

Avete un nuovo disco e una nuova formazione, quello che arriverà a Prato sarà un nuovo spettacolo?

Prato è l’ultima data del tour e lo spettacolo è tutto nuovo, completamente diverso: quelli di prima erano classici spettacoli rock n’roll con luci, audio ed energia a manetta, ora a queste basi si aggiunge una componente visiva con molti schermi e contenuti multimediali che contribuiscono a sottolineare i brani e creare un’atmosfera ben precisa. E’ una bella produzione e uno spettacolo molto ricco.

Ragazzi, avete mai suonato a Prato?

Si, prima di Siouxie and the Banshees nel 1983, e abbiamo fatto una performance teatrale al Castello dell’Imperatore con il regista Massimo Luconi, ma sono molti anni che non facciamo un concerto a Prato, non era ancora capoluogo di provincia l’ultima volta che ci abbiamo suonato. E’ una città che si muove bene, ci piace, e c’è molta cultura: il centro Pecci ormai è arrivato ad essere conosciuto a livello mondiale. E’ un luogo molto vivace soprattutto per i giovani, cosa che Firenze purtroppo non è più così tanto: non è un caso che prima avesse 500.000 abitanti e ora ne ha 380.000.

Conoscete il celebre locale Cencio’s?

Abbiamo fatto varie feste al Cencio’s col Fan club, abbiamo visto concerti. Ora è chiuso, ma a Prato ci sono altri club validi e anche altri musicisti fiorentini sono venuti a vivere lì: il patrimonio musicale della città è più ricco. Poi c’è Officina Giovani, che è un vero epicentro.

Durante uno degli ultimi live che ho visto avete portato sul palco il gruppo delle Mamme contro l’inceneritore della Piana fiorentina.

La questione inceneritore attualmente volge finalmente a favore della popolazione che non lo vuole: è uscita una sentenza del TAR che stabilisce che quella struttura è pericolosa, le polveri ultrasottili sarebbero dannose per un bacino urbano di 800.000 persone e per fortuna anche grazie a gruppi come quello delle Mamme, a don Santoro delle Piagge, alla popolazione di Sesto Fiorentino e forse anche al nostro piccolo contributo sembra che stiamo avendo la meglio. Poi ci sarà anche la questione della pista dell’aeroporto che vorrebbero girare. Cerchiamo di lottare perché la Toscana sia più eutopica possibile, ma siamo solo semplici cittadini, ed è chiaro che quando ci troviamo davanti a lobby e miliardi che girano gli squali affilano i denti.

Rispetto ai giornalisti forse siete anche liberi di dire le cose in modo più diretto.

Purtroppo c’è una strana involuzione nel giornalismo d’inchiesta italiano: a parte Report, poche altre trasmissioni e testate giornalistiche indipendenti il giornalismo italiano fa paura. Non è davvero indipendente: vuoi per i finanziamenti, vuoi perché i giornali sono stati comprati dalle lobby o appartengono ai partiti, la libertà d’informazione in Italia è in una posizione molto bassa nelle classifiche mondiali.

Il terrorismo internazionale sta colpendo anche la musica dal vivo, dagli Eagles of death metal a Parigi al concerto di Ariana Grande a Manchester. Qual è la risposta migliore che può dare la musica?

La musica deve andare avanti e fare quello che ha sempre fatto: non farsi intimidire e professare la libertà di espressione e pensiero. Chiaramente sono aumentate le misure di sicurezza, ce ne siamo accorti anche noi: possono essere noiose nei confronti del pubblico, a volte, ma bisogna fare così. Si tratterà di avere un po’ più di pazienza per far sì che il concerto venga bene, tranquillo e senza sorprese

Ultime domande: qual è la situazione della musica in Italia secondo voi?

Parrebbe buona, ci sono un sacco di novità interessanti. A Prato suonerà anche Brunori, che è una delle belle novità degli ultimi 3 o 4 anni. Ci sono tanti nomi validi che però fanno più fatica a emergere rispetto a una ventina di anni fa, visto che le multinazionali puntano quasi solo sulla gente dei talent per spremerli e buttarli nel dimenticatoio, sul pop e sul rap. Resta il fatto che ci siano nomi fortissimi e che le etichette indipendenti si stiano riprendendo il loro spazio e la loro importanza, e che anche nel rap ci siano una genia di posse indipendenti molto più interessanti di quello che si sente in giro per le radio. Oltre al rock c’è un rap underground in Italia e America che è tostissimo.

Avete fatto una canzone, Maria coraggio, per Lea e Denise Garofalo: la vostra musica a cosa deve servire?

Deve servire alle persone ad allargare la propria mente, a divertirsi, a conoscere meglio il mondo intorno e se stessi: cerchiamo di fare questo dagli anni ’80 fino ad oggi. Ci auguriamo che qualche seme germogli: è chiaro che non si può pretendere di sconvolgere il mondo e fare la rivoluzione, però quando alcune teste, soprattutto giovani, si aprono al pensiero libero rispetto all’omologazione che c’è oggi, Eutòpia diventa davvero possibile.