È scontro aperto sul Pecci tra il direttore uscente Cavallucci e l’assessore alla Cultura Simone Mangani, che per la prima volta oggi risponde punto per punto all’ennesima lettera apertura consegnata da Cavallucci alla stampa specializzata, a sua volta arrivata dopo l’intervista a Irene Sanesi apparsa su Artribune.

L’assessore Mangani comincia dicendo che secondo lui il direttore uscente Cavallucci dovrebbe andarsene ma che non glielo chiederà. Più avanti, tra le altre cose, paragona pure Cavallucci ad un bambini cui è stato tolto il giocattolo.

Cavallucci aveva già affidato le proprie perplessità e proteste  nelle puntate precedenti: la prima volta alla metà di luglio e poi, prima dell’uscita del 29 ottobre, in occasione dell’anniversario della riapertura.

Se il direttore del Pecci avesse un degno sussulto dovrebbe  andarsene domani. Nessuno glielo chiederà, sia chiaro. Né il Comune di Prato né, presumo, il cda del museo. Sta a Cavallucci decidere se fare gli scatoloni ora oppure rimanere per altri 62 giorni collaboratore, ben remunerato, di un’istituzione sulla quale sta inutilmente tentando di gettare discredito“.

Ho mantenuto finora il silenzio in relazione alle uscite estemporanee dell’attuale direttore per un semplice motivo: il bene del Pecci, prima di tutto. Non intendo ora violare la consegna in relazione agli attacchi fumosi e di carattere personale di cui sono stato oggetto: Cavallucci può dire quello che vuole dell’assessore alla cultura. In spregio ad ogni regola può inviare, come due mesi fa, lettere aperte il giorno prima di una commissione consiliare congiunta e due giorni prima del cda del museo, può perfino violare il contratto che lo lega al Pecci (contratto chiarissimo in ordine alla relazione con l’istituzione) ma non può lagnarsi se nel corso della commissione consiliare nessuno dei quindici consiglieri comunali – così come nessuno del cda del Pecci il giorno dopo – ha inteso riprendere l’argomento della sua lettera. Ognuno raccoglie quel che semina“.

Intervengo oggi dopo l’uscita di Cavallucci di due giorni fa su Artribune. Un’uscita contro il Museo e contro la Presidente Irene Sanesi. Intervengo pertanto a difesa del cda tutto, della Presidente, degli altri consiglieri di nomina comunale ovvero Fabio Donato, Edoardo Donatini, Fabio Gori e Nicola Ricciardi, dei consiglieri Silvia Cangioli e Luciana Schinco ed infine dei consiglieri di nomina regionale Lorenzo Marchi e Patrizia Ovattoni. Un cda nel mese di gennaio ha deciso unanimemente la proroga di un anno per Cavallucci e contestualmente ha deciso il bando per la nomina della nuova direzione con i tempi di un’istituzione di taglio europeo, con un occhio a quel passaggio di consegne che è buona pratica poco praticata. Su Artribune Cavallucci attacca tutti, ed in particolare La Presidente Sanesi, come un bambino cui sia stato tolto il giocattolo: un giocattolo per il quale la comunità ha investito 15 milioni di euro e che non può essere ostaggio delle bizze di nessuno neppure di un direttore che, ancora in carica e con l’obbligo contrattuale di programmare i primi 4/6 mesi di attività del 2018 si lamenta del fatto che oggi i numeri e le attività del museo – da lui diretto! – non siano quelli dell’apertura. Un direttore che si permette di attaccare il proprio cda sul giornale, in più di un’occasione, perché non avrebbe deliberato in tempo una mostra importante. Annoierei tutti se mi attardassi ulteriormente. Voglio soltanto ringraziare tutto il personale del museo, tutti i soggetti del territorio che con il personale del museo mantengono una relazione proficua (a breve, gli esiti con il progetto Pop-Art, tra gli altri) e da ultimo il cda: non é indispensabile essere sempre d’accordo su tutto per lavorare proficuamente (e la verifica puntuale, certosina, sulle voci di costo del grand opening è stato un lavoro collettivo fatto come si deve). Chiudo ricordando che altri direttori, non solo al Pecci ma anche in altre importanti istituzioni cittadine, anche recentemente, hanno passato la mano dimostrando con i fatti, non con vuote e livorose parole, l’amore per l’istituzione che avevano diretto, con una misura non comune e oggi – a quanto pare – non consueta“. Simone Mangani, assessore alla cultura Prato.