di Niccolò Protti

A Skype, per esistere. E alla piramide alimentare, spesso travisata.
ATTENZIONE: state per leggere un articolo estremamente pessimista, caotico, intriso di rabbia e con pochi spiragli di luce.

Le sculture di sabbia lungo Crafton Street a Dublino, l’opprimente cielo grigiastro di Francoforte, gli arredi di una casa di Londra. E un bar ad Agliana. Filippo, Fabio, Federico e Alessia, tutti di Prato e dintorni. Professione: cuochi.


Sei senza lavoro? Offriamo corsi di cucina! 
Sono cuochi di PROFESSIONE e ci tengono a rimarcarlo. Perché hanno frequentato la scuola alberghiera, che una formazione gliel’ha data. “Perchè concettualmente lavoro nella ristorazione da quando avevo 13 anni. L’amatore può avere la passione ma non ha avuto la dedizione. Manca la gavetta, lo spirito di sacrificio” dice Federico. Filippo, a cui fa eco Alessia, sostiene “che si sia raggiunta una saturazione di gente incompetente”. Fabio racconta un aneddoto. “Un giorno ero a Firenze e vidi un cartellone pubblicitario che recitava: Sei senza lavoro? Offriamo corsi di cucina! E’ come dire, impara a fare due cose e sei accomodato. Mi sono sentito offeso, come se per lavorare nella ristorazione non ci volessero qualifiche. La gente poi è portata a pensare che la cucina sia una cosa semplice, come in TV”.

Spengi quell’aggeggio e vai a lavorare (dove?)! Quattro voci all’unisono: “Ci hanno rotto i coglioni lo puoi scrivere? Con tutti questi reality siamo andati incontro ad una visione distorta della realtà. E’ tutta cattiva pubblicità per il mestiere che sembra ridotto alla preparazione del semplice piatto. Dov’è il dietro le quinte? Dov’è la dedizione? Quella gente non sa nemmeno cosa si intende per ‘food cost’. A questo punto tanto meglio “La prova del cuoco”, almeno non hanno la pretesa di essere dei fenomeni.

Tutti fenomeni, tutti fenomeni! (cit. Piero Pelù) Filippo, grande fan dei Litfiba, sostiene che non ce ne siano. “L’ambiente pratese offre poco a livello di qualità, dimostrato anche dal fatto che in provincia non ci sono ristoranti stellati (e qui ci arriviamo dopo, ndr)”. Federico è della medesima opinione: “Tanta gente pensa di vendere oro, ma sono degli illusi.”

AAA Innovazione cercasi E’ bene essere attaccati alle radici, ma l’albero cresce”. Fabio sintetizza con questa frase una critica, peraltro condivisa anche dagli altri intervistati, rivolta al pratese medio. “Non c’è la cultura per mangiare qualcosa di nuovo, di diverso, qualcosa che sia fuori dal nostro recinto”. Federico vorrebbe che venisse tolto il ‘paraocchi dalla tipicità’. “Perché il cittadino di Prato, se non della Toscana e addirittura dell’ Italia, è così, appiccicato come un koala alla sua pianta di eucalipto. E’ da questa mentalità che il consumatore non si discosta e chi ha in mente di offrire al pubblico qualcosa di alternativo è portato ad essere restio a farlo. Si va a mangiare fuori stasera? Sì, vai, una bella bistecca” chiosa Alessia.

Arrivederci e grazie. Ah, ovviamente nessuno di loro lavora più a Prato. Hanno fatto le valigie, chi prima, chi dopo e sono partiti. Filippo è alla ricerca di innovazione, ristoranti stellati oppure esperienze estere. A soli 23 anni può dire di aver trovato tutto questo. Ha raggiunto l’Australia, l’ Irlanda, il cosmopolitismo e la multiculturalità. Vuole arrivare ma è convinto che qui le sue ali verranno tarpate.” L’età conta ancora troppo qui in Italia, prima dei 28/30 anni non puoi diventare executive chef. Lo spazio dato ai giovani è poco, così come la pretesa di trovare qualcosa di più internazionale”.

A riprova di questo viene incontro un tema affrontato da Fabio, attualmente membro della brigata di cucina di un hotel 5 stelle lusso di Francoforte. “La differenza nell’approccio al lavoro tra gli italiani ed i tedeschi è abissale. Qui lavoriamo 8 ore al giorno con 2 giorni liberi settimanali gestibili, mentre in Italia si fanno anche turni di 13/14 ore con straordinari ovviamente non pagati. Non ha nemmeno senso parlare degli stipendi che ovviamente sono più alti qui in Germania”. La cosa che però gli preme far capire è legata al concetto di ‘progettualità’ e ‘futuribilità’. “Qui all’hotel dove lavoro c’è la possibilità di salire di grado. Innanzitutto vieni assunto per un anno, poi si rinnova per il secondo e dopo vieni assunto a tempo indeterminato. Se nel frattempo qualcuno gerarchicamente più in alto di te se ne va, non viene rimpiazzato, bensì si scala tutti in avanti e si riassume qualcuno all’ultimo gradino. Qui si può fare carriera, mentre nello stesso hotel della catena che si trova a Firenze il contratto è di 6 mesi e dopo quelli si alza i tacchi”.

Alessia mi confida che a lei una chance a Prato nemmeno l’avrebbe data. “Quando ho deciso di fare questo mestiere avevo già in mente di girare il mondo. Complice una certa avversione di mio padre, però, un anno in zona l’ho dovuto trascorrere. Era iniziato come un lavoro estivo ma poi si è protratto. Cos’ho imparato? Ben poco, quasi nulla. Cosa mi rimane di questa esperienza? Mi rimane un credito da parte del mio ex datore di lavoro, a distanza ormai di 2 anni”. Attualmente svolge la mansione di pasticcera a Londra e, come Fabio, ci tiene a sottolineare le differenze sia nell’etica lavorativa che nell’ambiente in generale. ”Gli orari, la paga, la gente. Qui è tutto diverso. Poi una frase significativa. Prato non è più casa, Londra è casa”. Per lei il rientro in patria è legato alle feste, al Natale da trascorrere in famiglia, al ritrovarsi coi vecchi amici per condividere le esperienze di vita. Che lei – e ci tiene particolarmente a dirlo – vive a Londra.

Infine Federico, che, cronologicamente, è stato il primo a partire e per disparate cause anche il primo a dover tornare. “Appena finita la scuola mi sono spostato subito a Monaco di Baviera. Non ho rimorsi per la scelta che ho fatto ma, a posteriori, posso dire che forse ci sono andato troppo presto. Non avevo l’esperienza sufficiente e il lavorare come dipendente di un italiano non era quello che volevo. Una cucina internazionale e multiculturale era quello che cercavo e sfortunatamente non l’ho trovata. 8 mesi e sono tornato. Dopo aver lavorato in vari posti della zona posso dire che forse sarebbe stato meglio rimanere in Germania, dove sono cresciuto come uomo ed ho imparato a cavarmela da solo”. Federico ha tutta l’aria di essere stufo e che ogni occasione potrebbe essere quella giusta per rifare la valigia.

Di contorno cosa gradisce? Questioni che fanno da cornice a tutte le chiacchierate.

Capitolo Tripadvisor. In linea di massima tutti e 4 gli intervistati sono contro questo ‘servizio’, con Federico che lo considera come indicatore di impoverimento della critica. Fabio sostiene che “come idea di base sarebbe anche stata buona ma il tutto poi si è trasformato in un oggetto per screditare la concorrenza e per parlare senza cognizione di causa”. A riguardo, un curioso racconto sempre di Fabio. “Ho lasciato una recensione ad un ristorante dove sono andato a mangiare, scrivendola in maniera dettagliata e sincera. Il proprietario mi ha risposto anche in via privata dicendomi “che cazzo fai? Te lavori a Prato”. Per tutta risposta gli ho detto che ero andato a cenare nel suo locale e che onestamente non mi era piaciuto”.

Altra cosa su cui puntano il dito tutti alla stessa maniera è l’incapacità di giudizio di chi recensisce. Sempre Fabio dice che” è facile ricevere buoni feedback se proponi una porzione di 150 grammi di pasta con l’astice a 13 euro. Accidenti come si sta bene! Poi in realtà ci sono 3 grammi di astice, 1 chilo di gamberetti e un chilo di pomodori pelati. La gente non la vede questa cosa. Il pratese va e dice che ha mangiato l’astice. Ed è contento”.

Capitolo guide gastronomiche. “Incidono troppo e ottimi ristoranti non vengono pubblicizzati come meriterebbero” – dice Filippo. A braccetto vanno le opinioni di Fabio, Alessia e anche di Federico. “Ma tipo le stelle Michelin che si comprano? Lasciamo perdere”.

Daresti una chance a Prato? Con questa domanda si sono chiuse le interviste e lapidarie sono state le risposte.

No, non allo stato attuale delle cose – Federico.

Ora no, per economia, politica e cultura pratese – Fabio.

Non è una città adatta per quello che ho in programma di fare – Alessia.

No, non c’è abbastanza qualità – Filippo.