Brenda Vaiani, 21 anni, e il suo progetto fotografico su Prato: un accorato appello ai giovani della sua età e ai pratesi tutti. "Servono nuovi punti di vista per far uscire Prato dalla crisi e i punti di vista devono essere quelli dei giovani".
Il resto d'Italia o l'Europa del nord. Sembrano queste le mete preferite dai cittadini cinesi che lasciano Prato. Sono noti i casi di imprenditori che hanno già spostato le aziende in altre regioni italiane, sia a nord che a sud, come conseguenza della pressione delle forze dell'ordine sulle imprese di proprietà cinese per contrastare le irregolarità che garantiscono un abbattimento dei costi tale da creare concorrenza sleale.
Per i pratesi più ostili, un'emigrazione così massiccia e l'auspicata "sparizione" dei cinesi dal territorio non è più un sogno, ma sorge un forte dubbio all'orizzonte: quale sarebbe l'impatto sull'economia locale? I 12.940 cittadini pratesi di origine cinese non acquistano solo nei negozi dei connazionali. Sono appassionati consumatori di beni di lusso, dalle auto ai cellulari, dai prodotti griffati ai vini toscani, per la gioia dei commercianti della città. Pagano l'affitto per capannoni che senza di loro rimarrebbero vuoti, pagano fornitori e servizi per le loro attività imprenditoriali, pagano prodotti venduti nei negozi del centro storico e in italianissimi supermercati. Per troppo tempo a Prato si è continuato a pensare che il lavoro nel tessile potesse ancora assicurare il grande benessere del passato. La convinzione era tale che non è stato colto il momento in cui doveva cambiare modo di produrre e di proporsi e si è smesso di investire, adagiandosi sulla rendita assicurata dagli affitti pagati dai cinesi. Che sia forse questo il momento giusto per accettare una realtà che in fondo tanto male non ci fa e al tempo stesso è in grado di aprirci un'altra via?
Brenda Vaiani, 21 anni, fa sicuramente parte di quei giovani pratesi che non se ne andranno. Anzi, come studentessa della Libera Accademia delle Belle Arti di Firenze (L.A.B.A.) è talmente attaccata alla sua città da metterla al centro di un progetto fotografico il cui obbiettivo ultimo è spiegare un concetto fondamentale ma forse troppo poco considerato. “Servono nuovi punti di vista per far uscire Prato da una crisi che non sembra avere fine e il punto di vista dev’essere quello dei giovani“. E’ quello che scrive col suo progetto, che si chiama “Prato work in progress”.
Dare speranza ai giovani pratesi, guardare la città da nuove angolazioni e grazie a quelle creare nuove prospettive di sviluppo. Possibile? “Sì, è possibile – spiega – serve solo uno sguardo diverso e lo sforzo di dare spazio al dubbio e a nuove possibilità“. Così, ispirandosi ai collage di David Hockney, ha individuato i temi centrali del suo progetto e per ciascuno ha scattato centinaia di fotografie ricomponendole poi in un un’unica immagine. “Il 90 per cento del lavoro è avvenuto in fase di scatto, durante il quale occorreva che mi spostassi di qualche metro tra una foto e l’altra – spiega – ecco perchè ogni scatto non combacia esattamente con quello vicino. Di conseguenza, i colori variano dai toni freddi a quelli caldi, visto che appartengono a giorni e ad ore con temperature e condizioni climatiche diverse”.
Un accorato appello ai giovani della sua età, alle istituzioni e ai pratesi tutti. “Rimanete per creare nuove prospettive”.
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L’arte a Prato vuole sopravvivere, si aggrappa con le unghie e con i denti ad ogni mente vogliosa di creare e ad ogni paio di occhi vogliosi di ammirare, pur di non cedere il passo al deserto lasciato dalla rassegnazione. L’arte a Prato ha il volto di un museo, il Pecci, nato per amore di un figlio e dimostrazione concreta di dinamicità e intraprendenza.
I giovani: la “realtà sociale” sulla quale la crisi d’identità di Prato si sta scaricando con maggiore forza. La reazione più diffusa: la voglia di andarsene. Ma come sarà possibile dare un futuro a Prato se nei prossimi 10-15 anni le sue forze migliori, i suoi laureati più brillanti, continueranno ad andare altrove a mettere a frutto i propri talenti? “I giovani che stanno perdendo il loro futuro a Prato rischiano di essere la causa della definitiva perdita di futuro della stessa Prato. Guardare alla crisi di Prato dal punto di vista dei giovani è il miglior modo di considerarla sia per la sua gravità sia per valutare ciò che deve curarla: non progetticchi per tirare a campare ma, come detto, progetti strutturali e visioni forti.”
Restare, creare, cercare di vedere nuove soluzioni potrebbe essere una grande opera, per l’arte.
Il resto d'Italia o l'Europa del nord. Sembrano queste le mete preferite dai cittadini cinesi che lasciano Prato. Sono noti i casi di imprenditori che hanno già spostato le aziende in altre regioni italiane, sia a nord che a sud, come conseguenza della pressione delle forze dell'ordine sulle imprese di proprietà cinese per contrastare le irregolarità che garantiscono un abbattimento dei costi tale da creare concorrenza sleale.
Per i pratesi più ostili, un'emigrazione così massiccia e l'auspicata "sparizione" dei cinesi dal territorio non è più un sogno, ma sorge un forte dubbio all'orizzonte: quale sarebbe l'impatto sull'economia locale? I 12.940 cittadini pratesi di origine cinese non acquistano solo nei negozi dei connazionali. Sono appassionati consumatori di beni di lusso, dalle auto ai cellulari, dai prodotti griffati ai vini toscani, per la gioia dei commercianti della città. Pagano l'affitto per capannoni che senza di loro rimarrebbero vuoti, pagano fornitori e servizi per le loro attività imprenditoriali, pagano prodotti venduti nei negozi del centro storico e in italianissimi supermercati. Per troppo tempo a Prato si è continuato a pensare che il lavoro nel tessile potesse ancora assicurare il grande benessere del passato. La convinzione era tale che non è stato colto il momento in cui doveva cambiare modo di produrre e di proporsi e si è smesso di investire, adagiandosi sulla rendita assicurata dagli affitti pagati dai cinesi. Che sia forse questo il momento giusto per accettare una realtà che in fondo tanto male non ci fa e al tempo stesso è in grado di aprirci un'altra via?
La Prato da coltivare. “Chi ha il trattore porti il trattore, chi possiede una zappa faccia con quella e chi viaggia al seguito di cavalli e mucche non esiti a far sentire a tutti i passanti il loro robusto passo.”
Certe scelte urbanistiche sacrificano e sottraggono terreni all'agricoltura a svantaggio delle produzioni locali, ma per andare avanti non c'è scelta più sbagliata che quella di rinnegare e dimenticare chi siamo.
Emblema è il caso dello sfratto della famiglia Giuliani dal podere di Capezzana, seguito da un corteo che ha cercato, per l'ennesima volta, di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sui sacrifici che stanno facendo tantissimi agricoltori pratesi che devono competere con il mercato globale e fare i conti con il rialzo dei prezzi, ad esempio quello del gasolio che serve ad alimentare i trattori.
Fare entrare i giovani nel mondo dell'agricoltura è ciò che sta più a cuore agli organizzatori dei sempre piu' frequenti cortei, ingresso che oltretutto manterrebbe in maniera solida un'identità, un amore per la terra iniziato tantissimi anni fa e che ha il volto di chi ci ha cresciuto.
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