Genova 1960. Taverna fumosa, Luigi Tenco entra alla ricerca di un tale Fabrizio De Andrè. Lo riconosce, si siede al suo tavolo:
“De Andrè? Sei tu quello che va a giro per la città a dire di essere l’autore di “Quando”?” (n.b. uno dei primi successi della discografia di Tenco)
“Si, sai com’è, ho conosciuto una ragazza e le piaceva la tua canzone. Per rimorchiarla le ho detto che l’avevo scritta io…”
Tenco scoppia a ridere.
“Ti secca?”
“Non se ti è andata bene…cosa prendi da bere?”
E’ così si sono conosciuti due dei più apprezzati cantautori della storia della musica italiana.
Oggi Luigi Tenco avrebbe compiuto 75 anni. Torinese ma genovese d’adozione (come lo scrittore Cesare Pavese), dichiaratamente comunista a differenza del suo amico anarchico Gino Paoli, la più bella recensione sulla sua musica la troviamo scritta da lui stesso nel libretto del suo primo disco, uscito nel 1962:
“Le mie canzoni vanno viste non tanto nel quadro della musica leggera o da ballo, quanto in quello della musica popolare: infatti penso che la musica popolare resti il mezzo più valido per esprimere reazioni e sentimenti in modo schietto e immediato”
Dichiarazione importante, che dimostra fin da subito la differenza tra il suo lavoro, la sua arte e la musica di puro consumo (Rita Pavone e Gianni Morandi per intendersi). Dibattito che ha sempre caratterizzato la canzone d’autore, fino ad arrivare ai giorni d’oggi.
Tenco non ha mai riscosso successo clamoroso durante la sua carriera da vivo.
Tante le difficoltà: la commissione Rai che censurava i suoi brani, i testi troppo diretti e intensi per quei tempi non lo fanno mai sfondare, e lo rinchiudono ad essere un cantautore di nicchia.
Forse il linguaggio di Tenco, che ha saputo sempre miscelare quello musicale e quello letterario, è precursore anche per gli stessi giovani di quegli anni, che non capiscono e, molto spesso, lo tacciano per un autore di canzonette. Per Tenco è la tensione che si percepisce nelle sue canzoni, la vera forza per un reale cambiamento, c’era quindi un messaggio sociale anche in quelle canzoni che potevano sembrare, apparentemente, più leggere.
Tenco è il primo a portare in Italia la musica dei songwriter americani, di cui lui è particolare estimatore: reinterpreta in italiano “Blowing in the wind” di Dylan, trasformandola in “La risposta è caduta nel vento” (riadattata da Mogol).
Il primo vero successo per stampa e critica del cantautore arriva con Un giorno dopo l’altro, che diventa la sigla del popolarissimo Maigret concedendogli lo slancio per partecipare al Festival di Sanremo nel 1967, dove spera di riuscire a conquistare la popolarità, da sempre mancata.
Ciao amore ciao. E’ una canzone che racconta (con accenti vicini al già citato Pavese, per l’appunto) da una parte il dramma dell’emigrazione, dall’altra la sensazione di disagio e di non appartenenza che esso procura. Una canzone attenta, quindi, a ciò che sta accadendo in Italia in quel preciso periodo storico, che racconta l’altra faccia del boom economico.
Si presenta in coppia con Dalida (che all’epoca aveva la stessa popolarità di Emma Marrone, per intendersi. Perdonatemi il paragone) e già questo crea non poca tensione al cantautore, che non era abituato alle atmosfere da grande pubblico. Tenco è nervoso la sera dell’esibizione, beve tanto, prende dei calmanti e, come si può ascoltare anche dalla registrazione della sua interpretazione al Festival, non è in forma. La canzone viene squalificata, Tenco torna in hotel e si spara alla tempia.
Ogni ipotesi di omicidio è stata scartata anche dalle autopsie fatte al cadavere in tempi recenti: c’è da dire che le forze dell’ordine hanno fatto non pochi errori nel trattare questa storia, primo tra tutti non fotografare il corpo la sera del suicido nella stanza dell’albergo. Sono le motivazioni che hanno portato a tale gesto a non essere chiare ancora oggi: c’è chi dice che Tenco si sia tolto la vita per una donna, chi per depressione, chi invece afferma che la vita di artista scomodo stesse diventando insostenibile per lui.
A noi resta un biglietto:
Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.
Oggi Luigi Tenco avrebbe compiuto 75 anni, noi restiamo col dubbio che questo gesto non abbia chiarito le idee a molti, sicuramente a qualcuno. Del cantautore genovese scrive Giuseppe De Grassi nel suo libro “Mille papaveri rossi”:
“Tenco è probabilmente scomparso prima di mettere definitivamente a fuoco la sua poetica, ma alcune sue canzoni rimangono dei piccoli e indelebili gioielli”.