Da anni incantano platee di bambini e adulti di tutto il mondo. Si esibiscono regolarmente, e con successo, in arene francesi, spagnole, statunitensi, indiane. Meno noti, misteriosamente, in Italia, dove ancora qualche capoccia che conta è rimasto impuntato sul fatto che “sono poco teatrali”… ma si sa, nessuno è profeta in patria. Stanno per debuttare a Contemporanea 2013 con la nuova produzione “Bleu” (vedi “RidottOperatori” della settimana scorsa). Sono il T.P.O., hanno sede al Fabbrichino, e sono una compagine di registi d’esperienza, danzatrici incantevoli, tecnici audio/video da far invidia alla Nasa, scenografi, costumisti e organizzatori di altissimo livello. Guidati dal dinamico duo Francesco Gandi, attualmente impegnatissimo nelle prove del suddetto spettacolo, e Davide Venturini… che abbiamo intervistato per voi lettori di Pratosfera.

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davide venturiniDavide, ci racconti il ricordo più vecchio (o quasi) della vita della compagnia?

Luglio 83, Muggia (TS), ultimo Comune italiano prima del confine con la Yugoslavia, era lì uno dei festival più importanti di teatro ragazzi, il Teatro di Piazza o d’Occasione (all’epoca era un nome trendy) vince il Premio ETI -Stregagatto con lo spettacolo “Riflessioni”: ben 5 attori in scena, un giovane fotografo (oggi professionista rinomato dello studio Righi), alle luci, una scenografia avveniristica di specchi, effetti di illusionismo e un po’ di “antico” teatro in nero. Consegna il premio Ornella Vanoni, nessuno aveva più di 25 anni… la targa è ancora qui, ogni tanto si scolla ma la ripariamo, l’ETI invece (purtroppo) se ne andato per sempre.

Di che cosa ti stai occupando attualmente?

Dopo i “vecchi ricordi”, la domanda è tendenziosa… Ci occupiamo ancora di teatro e a modo nostro continuiamo a sperimentare, la nostra è una famiglia in movimento, artisti “diversamente giovani” come me o Francesco convivono con altri artisti o professionisti di una o due decadi avanti. Al momento siamo impegnati con Blue, la nostra ultima produzione… a proposito, non so se sarà davvero uno dei 5 eventi imperdibili del festival come avete segnalato su Pratosfera, ma grazie mille per la fiducia!

Quale diresti che è, storicamente, il merito più grosso della vostra compagnia?

Sin dagli esordi abbiamo avuto la passione per le macchinerie, le arti visive e la contaminazione tra i linguaggi, in questo siamo rimasti coerenti. Abbiamo sempre usato le tecnologie che i tempi ci mettevano a disposizione in modo originale ed è grazie a questo rigore che il nostro lavoro è riconoscibile. Le prime volte che abbiamo usato i sensori a pressione per rendere interattivo lo spazio scenico (2002) ci guardavano come se fossimo marziani e giuravano che quello non era “teatro”, oggi è diverso, usiamo (coscienziosamente) molte applicazioni con nomi complicati, il tempo ci ha dato ragione, meglio così.

Ci racconti lo spettacolo di teatro ragazzi più bello che tu abbia mai visto?

Lo spettacolo più bello non esiste o comunque sarebbe troppo difficile per me rispondere, scelgo due immagini di due spettacoli visti molti anni fa e che ricordo sempre volentieri. Una si riferisce a “Cenere” del teatro delle Briciole, un percorso a tappe nella fiaba dei Grimm, di questa pièce mi è sempre rimasto il ricordo di un albero di pesco (vero) che grazie ad un sistema invisibile di condotti ad aria compressa fioriva magicamente in scena…(adulti e bambini facevano ooh! proprio come nella canzone di Povia) ma anche tutto il seguito era un capolavoro di macchinerie e poesia… eravamo ricchi di talento e risorse e non lo sapevamo. L’altro è uno spettacolo francese dal titolo “Comme est blue le ciel”, in scena una famiglia, 5 attori di generazioni diverse (da 65 a 7 anni). Tutti transitano nella stanza del vecchio nonno defunto e qui ciascuno a insaputa dell’altro, lascia il proprio diario segreto nascosto in un punto diverso. La bambina scopre uno ad uno i diari e noi di conseguenza, attraverso il suo sguardo, le intimità della famiglia. La bambina-attrice in scena era completamente innocente, noi adulti molto meno, ma per dire certe cose in un certo modo bisogna essere francesi…

Che cosa non permetteresti mai che accadesse in scena, in uno spettacolo del TPO?

Lo so, ti riferisci ai crash dei vari computer che hai provato anche tu in prima persona, ebbene si, sono il nostro vero e proprio incubo! Io porto sempre con me il santino di Santa Thalia da Elefsina sacerdotessa dei misteri eleusini, altri della compagnia fanno riti meno prosaici sotto la consolle. Un’altra cosa che non vorrei mai accadesse è l’invasione di scena a mo’ di provocazione. Mi riferisco a quanto è successo alla prima dello spettacolo “L’isola” di Tommaso Santi, per la regia di Paolo Magelli. In quel caso l’attrice Naira Gonzalez: entrò in scena per contestare lo spettacolo. E’ stato un gesto violento, non vorrei che accadesse mai più una cosa del genere … se accadesse ad un mio spettacolo…mah non so… certo è che a volte ci sono certi spettatori, talvolta certi insegnanti che con i cellulari fanno quello che non dovrebbero senza scrupoli… mi fanno davvero pensare a delle vendette che preferirei non descrivere.

C’è un qualche artista, nel panorama italiano, con cui sogni di collaborare? E… nel panorama pratese?

La nostra storia è ricca di collaborazioni con altri artisti, pratesi e non, Valentina Banci iniziò la propria carriera proprio in uno spettacolo del TPO con il testo di Roberto Piumini, Paolo Ponzecchi (attuale direttore della scuola di musica), Alessandro Certini, Luisa Cortesi, Caterina Poggesi, Monica Bauco, per citarne solo alcuni, hanno lavorato benissimo con noi, altre collaborazioni hanno coinvolto artisti stranieri, Leonor Keil, Deon Hastie, Lou Bennet, Gala Moody, Claudie Decultis… Mi piacerebbe molto tornare a lavorare con Erika Faccini e Luisa Cortesi, due danzatrici dal talento straordinario… solo che il loro pensiero attualmente è altrove… ma visto che si parla di sogni…

Qual è il vostro rapporto con la città di Prato?

Il rapporto con Prato e il territorio della provincia è stato per anni il nostro riferimento culturale e progettuale, poi alla fine degli anni 90 tutto è cambiato, il nostro circuito si è spostato all’estero e la compagnia si è trasformata. Siamo grati al Metastasio ed alla città per essere stati aiutati e sostenuti. Oggi Prato più di altre città vive un momento di sbandamento, ma il nostro rapporto con le istituzioni rimane buono…no, non ci lamentiamo. Il nostro rapporto con direzione artistica del Metastasio e con il Comune non è di sussistenza, quando abbiamo proposto cose interessanti abbiamo trovato ascolto e disponibilità anche in tempi di crisi, certo è che Prato sta vivendo il ciclo economico e sociale più difficile dal dopoguerra.

Se la vostra città fosse una vostra vecchia amica, che consiglio le dareste in questo momento?

A volte i politici locali, soprattutto quelli che hanno svolto più mandati, tendono a considerare gli artisti o gli operatori culturali come figure marginali e petulanti. In pratica non ci scrolla di dosso l’aura da bohèmienne se non vincendo un Oscar. Invece io penso che Prato dovrebbe amare i propri artisti, specialmente quando sono ancora in vita, accudirli, coccolarli, viziarli un po’ come si fa con il proprio giardino di rose… invece di ridurli alla fame. Il consiglio è questo: una settimana dedicata agli artisti pratesi nel Settembre delle celebrazioni cittadine non è forse meglio della Pallagrossa? Parliamone!

…e parliamone, dai. Che si fa, s’apre il dibattito?

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