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A Prato, si sa, non c’è nulla.

Dall’autunno alla primavera però quel nulla si fa vento, maligno, teso e ghiaccio. In piazza del Duomo leviga il selciato, spolvera il marmo bicromo e soprattutto ricorda a chi passa di qui come deve essere un pratese.

Un pratese deve essere tirato su a fatica e Tramontana: che si sa, a noi del colore della pelle, della religione e anche della lingua non ce n’è mai importato nulla, finora. Hai voglia di lavorare, a Prato c’è sempre stato lavoro, finora.

Al resto c’ha sempre pensato lei, la Tramontana a fischiarci negli orecchi, a soffiarci negli occhi e nel viso e a scenderci giù per gola se tu resti a bocca aperta: la stupefazione è d’obbligo. Mica siamo a Trieste! Mica è la Bora!

Questa è Tramontana che si avventa su di te, dietro l’angolo di via Garibaldi e se non stai attento ti fa perdere l’equilibrio, ti fa lo sgambetto.

Sgarbata e ignorante come solo i veri pratesi sanno essere se ti metti loro di traverso, la Tramontana ti prende a schiaffi come abbassi la guardia. Ti spinge, ti sposta, ti scompiglia e non ti dà tregua. Ti prende in giro, si nasconde in un cantone di piazza del Comune per poi esplodere giù dalla valle del Bisenzio in tutta la sua forza incontrollata.

Adesso c’è chi aizza contro lo straniero, c’è chi si lamenta anche del freddo e magari vorrebbe il mare in riva di Poggio a Caiano.

La televisione delle tette e dei culi e dei “mi consenta” ha rammollito tutti. E nessuno ascolta più le parole sussurrate dalla Tramontana mentre spinge tutto verso sud.

Il freddo duro e teso vento soffia ancora sulle case e sulla testa della gente ma di pratesi da queste parti oramai se ne vede pochi.

Simone Martelli