La scelta questa settimana è tra due film coi titoli di tre lettere: il rigoroso bianco e nero di IDA, austero romanzo di formazione ambientato dal regista dal nome impronunciabile Pawel Pawlikowski nella Polonia degli anni ’60 (camera fissa, rigore, riscoperta delle tragedie del nazismo) e il coloratissimo e multisensoriale LEI, sorta di melodramma fantascientifico con cui Spike Jonze torna a dire cose interessanti dopo quel cazzo di film inutile coi pupazzi che saltano grazie a un cast notevolissimo – Joaquin Phoenix, Olivia Wilde, Amy Adams, Rooney Mara. Vista qualche pecca in fase di sceneggiatura – non sempre a fuoco, manca Charlie Kaufman – e il fatto che la sensualissima voce di Scarlett Johansson (prestata all’intelligenza artificiale come fosse un Hal 9000 dell’erotismo) è nell’edizione italiana di Micaela Ramazzotti saremmo sbilanciati per consigliarvi Ida. Però se preferite il romanticismo al travaglio post-nazista di una nazione non c’è storia.

MR PEABODY E SHERMAN è la storia di un cane che parla e adotta un bambino. Non potendo lasciare che il vostro cane porti i vostri figli da soli al cinema (non riuscirebbe a pronunciare il titolo del film che vuole vedere al Multisala), ce li dovrete portare voi. Tra macchine del tempo e cazzate varie i vostri figli si divertiranno, voi così così.

MALDAMORE. Per contratto con Pratosfera da oggi in poi ci rifiutiamo di vedere e recensire commedie italiane con titolone rosso su sfondo bianco. Specialmente quando c’è Ambra Angiolini nel cast.

SUPERCONDRIACO non è una canzone di Elio e le Storie tese, ma una commedia francese dal regista, sceneggiatore e attore di Giù al Nord lontanissima dalle manie salutiste di Woody Allen, ma anche dal cultissimo Malato Immaginario di Sordi. Perché un tempo – già – facevamo commedie che facevano ridere e per vendere non avevano bisogno di titoloni rossi su sfondi bianchi, mentre oggi ci facciamo colonizzare da francesi antipatici.

47 RONIN, interpretato e prodotto da Keanu Reeves è consigliato alle fan di Keanu Reeves e sconsigliato a quelli che dovrebbero essere i naturali fan, gli amanti di cinema orientale film di arti marziali. 47 Ronin saccheggia a piene mani da quel cinema, con tutte le varianti possibili hongkonghesi di demoni alla Tsui Hark, ma il tutto è piegato all’estetica baraccona e anestetizzata della Hollywood meno interessante.

Meglio NEED FOR SPEED che almeno è robaccia senza pretese per i truzzi, una sorta di mix improbabile tra Punto Zero, i Guerrieri della notte e qualche videogioco violento, con uomini con le sopracciglia depilate e gnocche di serie – una che si chiama Imogen Poots come non può suscitare bollenti spiriti?