Ieri, passeggiando per il centro, un’improvvisa sensazione di bellezza ci ha colto all’improvviso.
A scatenarla, un suono, fugace, ma nettissimo. Una frase, di un bambino, che a spasso con la sua mamma, le dice: “se facessi il bravo, mi compreresti un regalo?”
Tac!

Eccola qua la bellezza, fare capolino dietro un piccolo ricatto della carognetta, che rende la virtù vassalla del premio connesso.
La bellezza della forma che supera il contenuto.
La bellezza che scaturisce da due cose la cui combinazione è sempre più rara.
Un bambino e il suo CONGIUNTIVO.

La lingua italiana è malata di “CONGIUNTIVITE”, e l’indicativo presente si sta mangiando tutto ciò che resta della bellezza della CONCORDANZA DEI TEMPI, che nella nostra idea di lingua come specchio della cultura è anche concordanza di pensieri.
Il condizionale chiede aiuto, senza il suo alter ego non ce la fa, cerca di fare tutto da solo, ma il risultato è un disastro assoluto.
Oltre all’ambiente, i monumenti, le specie animali in via di estinzione, impariamo a difendere il congiuntivo dall’invasione del nulla.

Come le città, la cui bellezza sta nell’equilibrio delle diverse epoche della loro storia, impariamo ad amare la lingua nella sua evoluzione positiva, che includa i contributi della cultura contemporanea e dei nuovi linguaggi.
E per quel che vale, il nostro messaggio a quella mamma: secondo noi, bravo o meno, suo figlio merita un regalo soltanto per come lo ha chiesto. E un po’ lo merita anche lei.

Completiamo con il noto sonetto di CECCO ANGIOLIERI, una volta tanto non nella sua accezione pre-nichilista, ma come un inno alla “consecutio temporum” e al suo bel congiuntivo. Direttamente dal tredicesimo secolo.

S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo

S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo
s’ i’ fosse vento, lo tempesterei
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo

s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo
ché tutti cristiani imbrigherei
s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei?
A tutti mozzarei lo capo a tondo

S’i fosse morte, andarei da mio padre
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui
similemente farìa da mi’ madre

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
e vecchie e laide lasserei altrui