Quasi due miliardi e mezzo di euro. Il volume di denaro prodotto ogni anno dalle aziende della provincia di Prato condotte da cittadini cinesi oscilla fra i 2 e i 2,3 miliardi di euro, con un contenuto di valore aggiunto che va dai 680 agli 800 milioni di euro: più del 10% del totale dell’intera provincia. E’ il risultato dello studio Irpet analizzato da ReteSviluppo, ente di ricerca spin-off dell’Università di Firenze che oggi ha presentato un focus sul valore dell’economia cinese nella provincia pratese.

IL FIUME DI DENARO TORNA IN CINA – Tra il 2005 ed il 2012 la provincia laniera ha visto crescere le rimesse verso la Cina del 930%, dice Rete Sviluppo. “La fuga di capitali da Prato – spiega Luca Caterino, ricercatore di ReteSviluppo – rischia di indebolire il dinamismo di un territorio che in questi ultimi anni ha mostrato nuovo vigore nel tentare una diversificazione”. Prato è la provincia toscana in cui le rimesse cinesi raggiungono i valori più elevati: dal 2007 al 2009, in media, 423 milioni di euro l’anno hanno lasciato il territorio diretti verso la Cina, cifra che si è abbassata nel triennio 2010-2012 ad una media annuale di 196 milioni di euro.

I MONEY TRANSFER – Un’operazione a Prato della Guardia di Finanza, chiamata Cian Liu, (Fiume di denaro), ha messo in luce un fenomeno in espansione, fondato sul binomio evasione fiscale-riciclaggio. L’indagine ha intercettato il flusso di denaro indirizzato dall’Italia (tramite San Marino) alla Cina per quasi tre miliardi di euro, movimentato da una società di money transfer con sub agenzie in Toscana. Nel 2008, per comprendere l’entità del fenomeno, uno degli evasori coinvolti nell’inchiesta aveva dichiarato redditi per 17 mila euro e intanto spediva in Cina quasi 2 milioni di euro.

A RISCHIO PROSCIUGAMENTO – “Prato è a rischio prosciugamento – commenta Caterino – ogni giorno questo territorio perde da 0,5 ad un milione di euro con le rimesse verso la Cina. È necessario che questo fiume di denaro risalga la corrente e si metta in circolo all’interno dell’economia pratese e toscana”.

IL RICICLAGGIO – Lo studio su capital flight e paradisi fiscali del Centro Studi Strategici Internazionali Imprenditoriali dell’Università di Firenze svelava che tali, enormi, flussi finanziari passano da tutta una rete di canali informali o paralleli, usati per far uscire dal territorio nazionale anche i capitali frutto di evasione fiscale, al fine poi magari di riciclare gli stessi capitali in attività economicamente ed «imprenditorialmente lecite». Allo stesso tempo vengono utilizzati anche canali ufficiali, attraverso filiali colluse di agenzie di money transfer che trasferiscono i frutti dello sfruttamento del lavoro nero, mediante migliaia di tranches di trasferimenti sotto soglia limite, spesso a nome di persone inesistenti o decedute.

L’ANALISI DI «RETESVILUPPO» – “La forte presenza di imprenditoria cinese nell’area metropolitana della Toscana – conclude – deve essere colta nei suoi aspetti più positivi: accordi tra imprese italiane e cinesi potrebbe consentire alle prime di avere una porta di accesso privilegiata ad un mercato internazionale, quale quello cinese, in cui la domanda di Made in Italy è forte ed in continua crescita. Tutto questo, tuttavia, non può passare che da un giro di vite nei confronti dell’illegalità diffusa che caratterizza una parte dell’imprenditoria cinese presente a Prato e in Toscana”.

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