Prato città dell’accoglienza. Saranno 8 i nuovi profughi che l’area pratese ospiterà fra domani e venerdì. Sono persone che fanno parte di un gruppo di 67 africani in fuga dai propri paesi e arrivati a Pisa ieri (martedì 22 luglio) intorno alle 21. Alcuni, una cinquantina, saranno ospitati dalla Croce Rossa a Piombino, 9 andranno ad Arezzo e gli altri a Prato. Ma la Toscana, stamani, è in attesa di un’altra quindicina di persone, ossia un altro gruppettino di quelli che in totale sono i 717 migranti che il Ministero dell’Interno ha per ora destinato alla nostra Regione. E tutti saranno rigorosamente accolti in base alla procedura che prevede una distribuzione territoriale in strutture d’accoglienza che scongiurino il tragico “effetto Cie”, dove dignità e umanità sono meri optional.

Ogni persona che arriva qui ha alle spalle vite devastate, storie di violenze e conflitti, e hanno intrapreso lunghi viaggi nella speranza di un po’ di pace. Si tratta, infatti, sempre di richiedenti asilo politico ossia persone che, come spiega il sito del Ministero dell’Interno citando la legge di riferimento, “trovandosi fuori dal Paese in cui hanno residenza abituale, non possono o non vogliono tornarvi per il timore di essere perseguitate per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche” e hanno quindi il diritto di richiedere asilo nel nostro Paese presentando una domanda di riconoscimento di “status di rifugiato“. Tanti di loro, addirittura, godono già di questo “status” e sono dunque protetti dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, che stabilisce dettagliatamente le forme di protezione legale, le misure di assistenza e i diritti sociali che il rifugiato deve ricevere dagli Stati aderenti al documento. In Italia questa Convenzione è diventata esecutiva con la legge del 24 luglio 1954 n. 722 di cui abbiamo sopra trascritto l’articolo 1A. E non solo, a integrazione della Convenzione è intervenuto il Protocollo di New York nel 1967 che ha rimosso le limitazioni temporali e geografiche fissate nel testo originario della Convenzione.

Trovare strutture che siano però adeguate agli standard necessari a garantire loro stili di vita civili è sempre più difficile, specialmente dal punto di vista economico. E questo nonostante i prefetti toscani abbiano la possibilità di attingere a un fondo di 370milioni aperto dal Ministero degli interni su disposizione del Governo Renzi.

Le misure per gestire l’emergenza sembrano infatti non bastare mai. Dal tavolo straordinario convocato lunedì dal prefetto Luigi Varratta a Palazzo Medici Riccardi, a cui hanno partecipato i dieci prefetti toscani, il vice presidente della Regione Toscana Stefania Saccardi e rappresentanti di Anci e Upi, è emerso che sarà necessario che in ogni provincia venga individuato addirittura un centro di accoglienza (hub) che possa immediatamente ospitare i migranti che poi verranno smistati. È infine anche stato ribadito quanto già previsto dall’Accordo tra Governo, Regioni ed Enti locali nella conferenza unificata dello scorso 10 luglio, ossia che il numero delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale venga incrementato in modo da assicurare l’evasione delle richieste di asilo.

Prato – e provincia – stanno comunque già dimostrando ottime capacità organizzative. Come ha dichiarato il prefetto Maria Laura Simonetti ai microfoni di Tv Prato: «Fino a oggi la città ha retto benissimo l’emergenza profughi, dimostrando efficienza e professionalità, adesso siamo in grado di predisporre l’accoglienza in meno di due ore».

Finora sono ufficialmente 61 le persone, originarie di vari paesi dell’Africa, ospitate nel territorio: qualcuno è nella ex scuola di Santa Caterina e altri sono a Carmignano sotto la gestione dell’Opera Santa Rita e della Cooperativa Humanitas. Numero questo destinato a salire presto almeno a quota 69. Resta comunque l’incognita se chi verrà vorrà o meno nelle nostre terre. Sì perché, come ha puntualizzato più volte lo stesso Prefetto, i rifugiati sono “persone libere in attesa di protezione” e se non vogliono rimanere qui sono libere di andarsene.

Negli ultimi mesi, infatti, sono tanti, specialmente fra gli eritrei e i siriani, coloro che dopo essersi riposati e rifocillati hanno scelto di andarsene da Prato e spesso dall’Italia. Spesso si tratta di persone che cercano di raggiungere amici o parenti in altri luoghi e Prato serve loro solo come tappa, l’ennesima, di un lungo cammino verso la serenità. Essere identificati a Prato e compilare qui la domanda di rifugiato li costringerebbe, infatti, a restare almeno sei mesi e quindi in molti scelgono di fuggire alla chetichella.

Il 23 marzo, sono infatti spariti da Villa del Palco, nel cuore della notte, 40 profughi siriani arrivati tre giorni prima. Il 2 maggio è fuggito un altro gruppo di siriani, 15, appena sistemati a Sofignano, Vaiano. E nella notte fra mercoledì 2 e giovedì 3 luglio è toccato a 12 eritrei alloggiati sempre a Sofignano e ad altri altri 8 loro connazionali che la Prefettura aveva affidato alla Cooperativa Pane e Rose che li aveva sistemati a Poggio a Caiano.

Nell’attesa di vedere le intenzioni dei nuovi arrivati, ci prepareremo all’accoglienza, sopportando le tante, troppe critiche che piovono sulla testa di amministratori e addetti alle emergenze dalla gente stanca di povertà e miseria. Ma come fare altrimenti? Dopotutto l’Italia è e resterà sempre nell’occhio del ciclone degli sbarchi e gestirli in maniera civile e razionale è l’unica soluzione. Dall’inizio del 2014 sono più di 60000 i profughi approdati sulle nostre coste e le stime dicono che il numero potrebbe salire a 100000. Quindi sosteniamo le autorità pratesi che già stanno facendo l’impossibile e pretendiamo, dall’alto della nostra umanità, di sapere le intenzioni dell’Europa, spingendo Renzi a farsi sentire una volta per tutte.

Foto: TvPrato