“Due secchi di vernice coloriamo tutti i muri”…di rosso, avrebbe cantato Cocciante se fosse stato a Prato in questi giorni. Tutti i muri di rosso, i pali della luce le scatole degli attacchi elettrici, ma anche le persiane, le finestre perché non si sa mai. Perché? Perché i cinesi “idolatrano” questo colore (non li avete mai visti inchinarsi di fronte ad un semaforo rosso?), lo considerano “sacro”, almeno secondo alcuni in città.
Ed è così che è nata l’idea di un gruppo di residenti di via Pistoiese per combattere il quotidiano degrado di muri e spazi pubblici imbrattati da scritte e adesivi, che molto spesso pubblicizzano soprattutto prostitute e affittacamere abusivi.

Capofila dell’idea l’ex assessore alla sicurezza Aldo Milone che porta l’esempio della Piazza dell’Immaginario, che collega via pistoiese con via Filzi, protagonista nei mesi scorsi di un lavoro di riqualificazione da parte di una serie di artisti: “abbiamo notato – racconta “lo sceriffo” Milone al Corriere Fiorentino – che da quando la parete della piazza è stata dipinta di rosso non era stata più ricoperta di scritte con i pennarelli”. L’ex-assessore ha quindi provato ad applicare su pareti o pali della luce altri pezzi di carta rossi. Nel giro di due giorni le “installazioni artistiche” di Milone sono rimaste intatte. Ed ecco allora la soluzione: “forse se dipingessimo tutto potremmo finalmente porre fine a questo problema”.

Un passo indietro: cerchiamo su internet che significato abbia il colore rosso nella cultura cinese. Da Wikipedia: “In Cina il rosso è simbolo di felicità e ricchezza quindi colore portafortuna, per questa ragione è utilizzato per decorazioni e addobbi nuziali”. E’ un po’ la definizione che troviamo su altre pagine web, dove assolutamente non si fa nessun riferimento alla sacralità del colore in questione.
A dare conferma anche l’attore Yang Shi dell’associazione Compost di Prato: “non è vero che i cinesi non scrivono sul rosso. I cinesi hanno rispetto di un’opera d’arte di qualcosa che rappresenta bellezza e sacralità”. Anche Zhu, ragazzo di 21 anni, sul Corriere è della stessa idea: “non c’entra con la Cina. Il fatto è che il muro è bello così e nessuno vuole rovinarlo”. Continua Yang Shi: “una mia amica durante un incontro al Compost ci ha raccontato la sua esperienza; aveva messo fuori casa un cartello in cinese che recitava ‘gli italiani ci disprezzano perché trattiamo male questo posto. Non possiamo cercare di auto disciplinarci e puntare sulla nostra dignità cinese?’. Risultato? Per tanti giorni sotto casa sua sono sparite le montagne di immondizia. Con questo voglio dire che serve un lavoro dal basso, ben organizzato e amministrato, per realizzare un progetto grazie al quale i cinesi non si sentano più ospiti, ma siano i primi a fare un passo per ripulire e riqualificare l’ambiente in cui vivono. Un lavoro che deve partire dalla presa di coscienza, dalla cultura e dall’arte”.

“perché lei ama i colori…”