Un nuovo spazio in centro storico: è AUT!, un nuovo centro culturale che aprirà da novembre i propri battenti in via Filippino 24. Uno spazio polifunzionale, aperto e libero progettato dall’associazione Left Lab per ripensare lo spazio pubblico attraverso la cultura, la condivisione, l’integrazione e il co-working.

“Inizialmente questo spazio doveva diventare uno spazio politico – racconta Diego Blasi, tra i fondatori del progetto – ma abbiamo deciso di lasciarla sullo sfondo per dare spazio ad ambiti come cooperazione, condivisione e integrazione, parole chiave che hanno ispirato la nostra avventura. La nostra speranza è quella di inserirsi stabilmente nel tessuto connettivo della comunità pratese, allo scopo di valorizzare i talenti e limitarne le diseguaglianze”.

Prima di tutto il posizionamento dello spazio: AUT! si disporrà su due ampi fondi di via Filippino “è la prima azione politica che abbiamo scelto di fare. Riqualificare una zona del centro dimenticata per noi ha valenza politica che dona un’altra faccia alla città. Anche con azioni creative come quelle che abbiamo fatto sui nostri bandoni, che sono diventate delle vere e proprie opere d’arte”.

Cosa sarà AUT! Lo spazio suddividerà le proprie attività in tre grandi temi: politica, sociale e cultura. Saranno offerti servizi di Caf, lavoratori, 730, tutti a prezzi popolari. Ancora uno sportello che aiuterà gli studenti a compilare i curricula, aiutarli per le esperienze all’estero tipo erasmus e connettersi con le università fuori dall’Italia. Sarà anche attivo uno sportello di ascolto per le persone con problemi di tipo sociale e economico. Tutti questi servizi saranno affiancati da esperti dei vari settori.

L’aspetto culturale è affidato alla direzione artistica di Margherita Nuti. AUT! proporrà attività che andranno da laboratori teatrali a l’organizzazione di mostre, dal caffè letterario alle attività per i bambini, concerti, una piccola proposta editoriale.

Uno spazio “fluido”, che ha voglia di sperimentare: “AUT! è uno spazio sociale, gestito da più soggetti, che hanno deciso di mettere in piedi un’esperienza collettiva: non chiamatelo (solo) co-working” conclude Blasi.