“Oggi c’è una migliore coscienza globale sul femminicidio rispetto agli anni Settanta. Ovunque”. Suzanne Lacy, la poliedrica artista statunitense, da sempre emblema della lotta globale contro la violenza sulle donne, ha conversato per un’ora ieri sullo stato del femminismo e del femminicidio nel mondo. La conferenza si è svolta al Centro Pecci, faceva parte del ciclo d’incontri sponsorizzato dalla famiglia Pecci “Cambiamenti”, e ha introdotto la mostra della Lacy che verrà inaugurata giovedì al Pecci di Milano.

“Certo – ha spiegato l’artista, incalzata da Sara Maggi, esperta di comunicazione e sensibile alle tematiche femminili – il livello varia da paese a paese, ma la presa di coscienza sta arrivando in ogni dove. Sono reduce da una performance a Los Angeles, la stessa fatta negli anni Settanta. Ecco, questa volta ci hanno messo la faccia persino il sindaco e il capo della polizia. Il primo cittadino ha addirittura parlato degli abusi subiti in famiglia da piccolo. Quarant’anni fa nessuna istituzione osò metterci la faccia”.

Interrogata sull’ipotesi che il femminicidio vada riducendosi, precisa: “No, non è diminuito, perché c’è poca attenzione alla prevenzione, ma certamente sono aumentate le denunce. Adesso si denuncia”. Un concetto che ha dato il là alla riflessione sul femminismo, un movimento che le nuove generazioni “conoscono poco e molto superficialmente” e quindi poco apprezzano. In particolare Sara Maggi si è detta spaventata dalle Women against Femminism, un movimento che tende a negare il femminismo, appellandosi a uno slogan che sfoggiano con ogni mezzo: “Non sono femminista, perché non sono una vittima”. Una realtà che secondo l’insegnante/performer statunitense è spiegabile con la mancanza di esperienza nei giovani, aggravata dal fatto di essere costretti a crescere in una cultura poco politicizzata. “L’indipendenza della donna è da sempre collegata al suo grado di esperienza. Per comunicare con i giovani, dunque, e far crescere in loro la consapevolezza e quindi l’esperienza occorre trovare una narrativa di successo. È tutta questione di narrativa”.

Ed è in questo che l’arte sociale gioca il suo ruolo più importante, perché l’estetica è il modo più attraente per comunicare contenuti pregnanti e incanalarli dritti al cuore… e alla testa. “La parte più bella dell’arte è che si riesce ad evolvere e cambiare in base ai contesti. Si trasforma, restando quindi indispensabile. Quando nel 2010 sono stata chiamata a organizzare la performance a Madrid, il mio ruolo, il ruolo della mia arte non era più quello degli anni Settanta, ossia attirare l’attenzione sul femminicidio: a quello ormai ci stavano già pensando i mass media. Il mio compito è diventato quello di coordinare, di avvicinare gli artisti ai politici e alla società civile. E comunicare con tutti. Il tutto, in un paese dove regnava (e in parte regna ancora) la mentalità che condanna la donna a servire il marito e a subirne la prepotenza. In Spagna chi denunciava era giudicata, scansata, ghettizzata. E rischiava la vita. Oggi qualcosa è cambiato e ancora sta cambiando, anche se le donne restano in pericolo. Ricordo ancora quella moglie che decise di raccontare in un video la sua storia di violenza domestica. Fu tra le prime a farlo. Nonostante l’oscuramente del volto, i suoi anelli la tradirono: il marito la riconobbe e la uccise il giorno dopo”.

Il concetto dell’importanza della memoria storica –  da tramandare per contestualizzare i concetti e impedire che movimenti e pensieri vengano fraintesi – arriva a questo punto della conferenza, dritto e schietto. “I mass media e l’istruzione incitano alla memoria breve, perché un popolo senza memoria è più semplice da manipolare. La storia insegna e per i giovani è fondamentale. È lo strumento che li aiuterà a essere consapevoli e a difendersi dai falsi miti. È importante che ascoltino, che studino, che imparino, per capire da dove vengono e dove vogliono andare. La trasmissione della conoscenza è l’unica cosa importante”.

E quando Sara Maggi le chiede se le quote rosa in politica siano un mero velo ipocrita oppure un vero segnale di una presa di potere delle donne, Nancy precisa: “Le donne sono molto lontane da una piena uguaglianza, com’è lontana la piena uguaglianza fra le persone. Perché non dimentichiamo che il concetto che sta alla base del femminismo è in realtà universale. È l’uguaglianza, le pari opportunità per tutti gli esseri umani a esser perseguita, non solo quello della donna. La posizione politica primaria mia e di chiunque abbia lottato e creda nel femminismo è questa. Solo questa. Razze, età, disabilità, discriminazioni sociali, sessuali, noi puntiamo a superarle tutte.

La tanta gente accorsa ad ascoltarla è rimasta incollata a questa donna chiare e altisonante. Interessanti le domande arrivate dal pubblico, specialmente quella dalla coordinatrice del centro antiviolenza pratese, che ha ritrovato la realtà pratese nelle parole dell’artista. “Sono d’accordo con lei, l’autoconsapevolezza manca del tutto. Non c’è una presa di coscienza, specialmente in chi subisce violenza. Per questo la prevenzione è fondamentale. Da qui parte la coscientizzazione. In Occidente, purtroppo, si è fatto ancora davvero troppo poco per prevenire. Noi qui a Prato stiamo insistendo molto nelle scuole, fra gli adolescenti. Sensibilizziamo, cerchiamo di inculcare loro il rispetto del corpo, ricominciando dai concetti base del femminismo. E in tutti questi anni abbiamo constatato quanto sia azzeccato usare l’arte per comunicare loro concetti così fondanti. È il nostro gancio per comunicare con loro. L’arte attira, davanti all’arte abbassano le difese e si aprono, quindi apprendono, confermandoci quanto bisogno abbiano del contatto, della comunicazione vera e diretta”.

La conferenza è terminata con la proiezione del video creato in occasione della performance di Madrid, dove donne senza volto hanno trovato il coraggio di denunciare, di raccontare, di aprirsi, nel tentativo, appunto, di costruire quella narrativa sociale che cambi la mentalità. Il medesimo video verrà fatto vedere giovedì a Milano durante l’inaugurazione della mostra.
Ancora però nessuna Tv generalista ha potuto e potrà a breve mandarlo in onda. Le donne che si sono esposte 4 anni fa, facendosi riprendere ovunque fuorché in volto, rischiano tutt’oggi la vita. La presa di coscienza sta maturando, sì, ma lentamente. La violenza, invece, viaggia sempre su binari preferenziali.