Caparezza arriva a Prato col suo “Museica Tour II”. Giovedì 3 settembre, in piazza duomo. Con Museica già disco platino pubblicato quest’anno, Caparezza si è confermato protagonista del panorama musicale italiano. L’album ha recentemente ricevuto la Targa Tenco 2014 come “Album dell’anno”. Registrato a Molfetta e mixato a Los Angeles da Chris Lord-Alge, “Museica” è considerato da Caparezza il suo nuovo primo disco perché ne è anche produttore artistico. Ispirato al mondo dell’arte, le tracce sono un’audioguida delle sue visioni messe in mostra. Ogni brano prende spunto da un’opera pittorica che diventa pretesto per sviluppare un concetto.

Abbiamo scambiato quattro chiacchere col cantante pugliese.

Ciao Michele, grazie di avere accettato l’intervista per Pratosfera. Come stai?

Bene. Non mi posso lamentare, anche se l’uomo per sua natura tende sempre a lamentarsi. Artisticamente è un periodo davvero florido, e questo dopo anni continua a darmi una gioia immensa. Come persona ho qualche problema in più, ma non credo sia interessante parlarne. Come artista posso dirmi felice. E io non do mai questa felicità per scontata, posso dire onestamente di non aver mai dormito sugli allori.

E’ per questo che sembri non sentire la routine?

Il demone della routine in realtà lo sento. Ma appena lo sento, mi fermo, vado in pausa. Non avrebbe senso se no. E quando mi fermo, solitamente, avverto subito l’urgenza di scrivere un altro disco. A guardar bene, quindi, è routine anche questa. Ma mi salva il fatto che la creazione è la parte più importante e più divertente, per me. Anche la “divulgazione” lo è, ci mancherebbe, ma resto convinto che Il Disco sia la cosa da cui si debba sempre ripartire. Ecco, in vetta alla mia scala di valori, come artista, c’è l’assoluta onestà nella fase compositiva. Poi così, quando ricomincia la tourneé, sei di nuovo pieno di energia.

L’energia per i pezzi nuovi “contagia” anche quelli vecchi che, inevitabilmente, metti in scaletta?

Non sempre, ma in caso che no, serenamente, i pezzi in questione li tolgo dalla scaletta. E’ successo anche con “Fuori dal Tunnel”: quando non mi andava più di cantarla, ho smesso di cantarla. Molto semplice. So che qualcuno a volte se l’è presa, ma tanto i fan (i veri fan) non vengono a sentire questo o quel pezzo, vengono a sentire me. I curiosi, magari, vengono per la hit del momento. E poi, se un pezzo non ti rispecchia più, perché cantarlo ancora? Se hai una mente elastica e non arroccata, devi venire a patti con questo. Anche perché poi, se sei onesto, tutto quadra: adesso mi è tornata la voglia di cantarla, “Fuori dal Tunnel”, e l’ho rimessa in scaletta. L’ho sempre adorata, quella canzone, mi è uscita proprio bene, ma ne ho sempre avuto paura.

Paura?

Certo, paura. Paura che mi schiacciasse. Pare incredibile, ma ancora oggi, per tanti, Caparezza è quello di “Fuori dal Tunnel” e basta! E’ incredibile a volte la visione parziale che si riesce ad avere in questo paese… ma ci sono altri 4 dischi dopo quel pezzo! E altri singoli che hanno avuto un successo enorme (credo i maggiori numeri li abbiano fatti “Vieni a ballare in Puglia”, Goodbye Malinconia” e “Non me lo posso permettere”, ma non so, non seguo bene i dati, e comunque vendo più dischi che singoli!). Eppure, spesso, se mi chiamano in televisione – per farti capire – mi chiedono poi di cantare “Fuori dal Tunnel”. E io, a volte, ho rifiutato anche cose molto grosse per liberarmi di questa pesantezza. E pensare che è una delle mie canzoni più spensierate…

Molto fraintesa però. E a te capita spesso di essere frainteso.

Si, e ne soffro. Ma è inevitabile. E’ la rete che favorisce la divulgazione superficiale della cultura. Spesso non c’è approfondimento. Nel lettore, intendiamoci, non nello scrittore. E’ che prima il lettore, quel quotidiano che teneva in mano, lo aveva pagato. E questa era già responsabilizzazione. Per intenderci “l’ho pagato e mò me lo leggo”. Invece in rete l’istinto è quello di leggere il titolone e, forse, le due righe sotto. Stop. E questo favorisce il “manicheismo”: c’è il bene e il male, e basta. E non c’è spazio per il contradditorio. A quel punto è chiaro che spesso non vieni capito. Quando ti va bene. Quando va male, vieni strumentalizzato.

Anche perché tu dici spesso la tua, anche in maniera “aggressiva”. Contro i poteri forti, la massificazione, la Chiesa… a proposito, sai che a Prato suoni davanti al Duomo?

Ma attaccare la Chiesa in Italia ormai è facilissimo. Attaccare l’Islam sarebbe difficile. Certo, io continuo a farlo, e anche in maniera creativa, spero, perché l’ingerenza si sente sempre.

Allora domani andrai a vedere la Cintola della Madonna?

No, non sono attratto dalla Cintola, devo dire. (ride) …chissà perché si dice sempre “Scherza coi fanti e lascia stare i santi”, come se i fanti fossero disposti a farsi “scherzare”. Comunque no, le reliquie non mi interessano – tranne il “Dito medio di Galileo”, e ci ho fatto pure una canzone sopra per spiegarmi. Anche se poi le chiese spesso le visito, perché, spogliate dalla parte sacrale, mantengono un aspetto storico e artistico che mi interessa tanto. E anche musicale! Pensa a tutti gli organi a canne! Poi su chi crede non so che dire, ognuno fa quel che vuole, non sono di quelli che pensano che si è più o meno intelligenti se si crede o no. (anche se, Capa, proprio la canzone da te citata in questo contesto farebbe credere il contrario… NDR)

Visiterai allora il Museo Pecci? Del resto il tuo ultimo album “Museica” è un concept sulla storia dell’arte.

Temo che non farò in tempo a visitare un bel nulla, quando sono in tour è spesso così. Però sì, in questo periodo ho avuto “la scimmia”, per parlare come i giovani, della storia dell’arte. Ho girato per musei, mi sono informato, ho approfondito un sacco, ed è nato il disco.

Speri di spingere anche il tuo ascoltatore all’approfondimento “artistico”?

Non so, non scrivo mai pensando ad un ascoltatore. E poi non sono tanti i pezzi “didattici”, dai… magari, sì, “Comunque Dada” ha riferimenti più colti, e se succede che qualcuno voglia capire meglio di cosa parlo, ne sono felice. A me succedeva sempre con Battiato… o con Frankie Hi NRG! Quando sentii “Fight da Faida” ebbi un vero sussulto! Un funambolo dei vocaboli! (oppure uso i libri di saggistica, che con i loro continui rimandi ti permettono di innescare una reazione a catena di conoscenza).

E invece quale è il tuo pezzo “da sussulto”? Quale canzone faresti ascoltare ad un alieno per fargli capire in pochi minuti che musica fai?

Vediamo… sono due. Una seria e una faceta. La faceta sarebbe senz’altro “Abiura di me“, rock e potente, anche se forse l’alieno non capirebbe tutti quei riferimenti ai videogiochi. (ride) La seria invece è tratta dall’ultimo disco, e si intitola “Fai da Tela“, ispirata a “Il Cervo Ferito” di Frida Kahlo (in cui la pittrice si autoritrae come un cervo trafitto da molte frecce) e al “San Sebastiano” del Mantegna. Il fatto è questo: io non parlo quasi mai di me, nelle canzoni (perché ho sempre creduto che quello che faccio sia più interessante di quello che sono). Quando ne parlo, lo faccio in modo molto metaforico, ed è proprio questo il caso. Quella canzone è la summa di tutte le mie angosce su quanto può fare male il giudizio degli altri. So che non sembra, ma questo è il mio lato oscuro. Le parole mi sono dolorose, sono come frecce. E questa è la “nazione del giudizio” no? Tutti CT, tutti cantanti, tutti giudici. Qualsiasi cosa dici c’è sempre qualcuno pronto a farti notare che lui ne sa di più. Mi ferisce. Ascolto e passo oltre, ma mi ferisce. Figurati, io non chiedo neanche ai miei amici se gli è piaciuto il film, quando vado al cinema… il giudizio mi fa proprio paura.

Deriva anche da questo la tua scarsa simpatia per i social network, piazza ideale per i giudizi facili?

Mah, internet è un passo gigantesco per l’umanità tutta, davvero, ma non c’è abbastanza sacrificio dietro le cose. E dove non c’è sacrificio, spesso, non c’è valore. Tutti tuttologi senza sforzo alcuno. C’è stata l’illusione di democrazia: “finalmente decideremo noi chi vale e chi no!”… ma noi chi? Il popolo della rete? Il popolo della rete non esiste! E’ lo stesso popolo del supermercato che poi va a casa e accende il computer! Ecco perché dovevano nascere i nuovi Beethoven e Mozart e invece non è successo proprio nulla. Lo scopo di internet, come mezzo intendo, dovrebbe essere quello di abbattere la TV… e invece si va su youtube a rivedere gli spezzoni delle trasmissioni! Ecco, in questi aspetti non mi resta simpatica la rete…

Vuoi dare un consiglio a Prato, città che da sempre convive con la difficile tematica dell’immigrazione – tematica a te piuttosto cara?

Non posso dare consigli, sono un cantante. Posso dire che sono una persona tollerante. Vengo da una regione per sua conformazione e collocazione da sempre crocicchio di razze e popoli. Nel bene e nel male. Mio nonno dovette emigrare, e così pure tutti, tutti, i nonni dei miei amici. Australia, America, Germania. E mi sarebbe dispiaciuto se qualcuno avesse pensato a mio nonno come un potenziale criminale. Il potenziale criminale… è quello che delinque, non quello che viene da un altro stato. Ma l’integrazione è possibile, ragazzi, e quella vera non fa nemmeno notizia: guardate Berlino, o Londra.

E dopo il concerto di Prato che farai?

Ancora concerti! (ride) Il 22 settembre sarò ospite a “Rimmel”, concertone-tributo a De Gregori, invitato da Francesco stesso. Una cosa che mi ha fatto tantissimo piacere! Ho anche già sedimentato qualcosa per il nuovo disco, durante l’estate, ma non vale nemmeno la pena che stia a parlarne, perchè cambio idea ogni 5 secondi.

Allora “Merda merda merda” per il concerto di domani!

Grazie! No… come si risponde?

Merda!

Ah, si! Merda! E grazie!

Grazie a te, Capa.