scandicci open city

Sarà che Chimenti a fare Bowie in giacca e cravatta è terribilmente credibile; sarà la scaletta, che ha attinto per oltre l’ottanta per cento dai pezzi degli anni 70, trip spaziale e ziggy in testa, e poi giù per gli anni ottanta di Absolute Beginners, i novanta/duemila di Thursday’s child e i giorni nostri di Where are we now; sarà la scaletta, che tanto lì dove caschi, caschi bene; sarà che l’orchestra si sposava perfettamente col gruppo rock che la precedeva, in senso spaziale, sul palcoscenico; sarà che gli arrangiamenti orchestrali di quei pezzi rendevano loro ancora più giustizia; sarà che l’Orchestra I Nostri Tempi tratta la musica pop come poche orchestre sanno fare, senza essere né ridondante né onnipresente; sarà che il gruppo rock suonava esattamente come un gruppo rock deve fare, senza orpelli, senza vizi; sarà che il Duca Bianco dal vivo ci manca eccome, e serate come quella di ieri ci ricordano esattamente quella mancanza; saranno tante cose, ma non riesco a definire la serata di ieri sera al Metastasio, quella di Andrea Chimenti in David Bowie, qualcosa di meno di “perfetta”.

Poi, oh, sono opinioni, eh…Grazie, Andrea. Lunga vita al Duca Bianco.