Irène Némirovsky era una scrittrice dalla storia abbastanza curiosa. Figlia di un ricco banchiere ucraino, era costantemente vessata dai genitori, che sovente la affidavano alla governante francese Zezelle. Costretta a scappare in Francia dopo che i Soviet misero una taglia sulla testa del padre, si laurea in lettere alla Sorbonne nel 1924. Poiché Irène era ebrea, nonostante scrivesse con disprezzo della comunità ebraica e la sua famiglia si fosse convertita al Cristianesimo, fu deportata ad Auschwitz, dove fu uccisa il 17 agosto 1942.

In occasione del Giorno della Memoria, Cristina Arnone la ricorda leggendo nel Museo della Deportazione di Figline, il breve romanzo “Il Ballo”, scritto da Irène Némirovsky. Questo racconto narra di una famiglia recentemente ascesa agli alti ranghi della società francese. Il padre è determinato e senza scrupoli, caratteristiche che l’hanno portato al successo, la madre è odiosa e non rinuncia mai a ripudiare e umiliare la figlia Antoniette, la quale, per il modo in cui viene trattata dai genitori, non può che ricordarci l’infanzia della stessa scrittrice. I genitori, volendo organizzare un ballo con le persone più importanti della società parigina, fanno scrivere a Antoniette centinaia di inviti.

La ragazza però, vedendo la sua presenza al ballo rifiutata dalla madre, in un gesto di stizza getta tutti gli inviti nella Senna. I genitori, non capendo il motivo per cui tutti gli invitati abbiano disertato il loro ballo e sospettando di non sapere riti e usanze degli alti ceti parigini, si disperano, portando così a compimento la vendetta della figlia.

L’incontro, della durata di 1 ora e mezza, si terrà il 28 Gennaio alle 21 nella sala conferenze del Museo della Deportazione e Resistenza e sarà accompagnato dal violoncello di Simone Centauro.