Ultimi due appuntamenti per il Metastasio Jazz 2016. Domenica 28 febbraio alle ore 11 presso e in collaborazione, con la Scuola Comunale di Musica “G. Verdi” di Prato c’è il concerto per piano solo di Francesco Maccianti (ingresso gratuito).
Che il jazz toscano abbia una lunga storia è ben noto a chi ricorda l’esplosione di talenti dalla fine degli anni Settanta. Da quel mondo non sempre emerge il nome di Francesco Maccianti, pianista di formazione classica, dedito ad un jazz di ascendenza hard bop, elegante e raffinato. Accompagnatore di grandi maestri americani, solista impeccabile a fianco di colleghi come Massimo Urbani e Pietro Tonolo, dopo quasi trent’anni di professionismo Maccianti è ancora un pianista sorprendente, creativo, trascinante.

La rassegna si chiude in grande stile con “Duke”, un concerto dedicato alla tradizione statunitense di un gigante, Duke Ellington, che nel febbraio del 1967 suonò proprio al Teatro Metastasio. Sullo stesso palco lunedì 29 febbraio, alle ore 21, l’appuntamento è con un travolgente omaggio, guidato dalla tromba infuocata del grande solista Fabrizio Bosso e sferzato dai brillanti arrangiamenti di Paolo Silvestri, che compiono il miracolo di evocare i colori orchestrali ellingtoniani con un piccolo ensemble e il quartetto del trombettista, compatti e aggressivi.
Nel panorama del jazz europeo l’Italia può vantare una delle scuole trombettistiche più straordinarie del continente: da Enrico Rava a Paolo Fresu, da Giovanni Falzone al compianto Marco Tamburini, fino a Fabrizio Bosso, per limitarsi ai nomi più popolari. Tutti hanno in comune una disposizione alla varietà di esperienze e alla disponibilità a mettersi in gioco. Fabrizio Bosso in particolare ha raggiunto una maturazione artistica che gli consente di mettere il virtuosismo al servizio dell’intensità emotiva, e di sintetizzare le sue esperienze, che si radicano soprattutto nella tradizione hard bop, in un linguaggio brillante, logico, fantasioso e coerente. Il suono si è fatto più ricco, pastoso, con screziature granulose che evocano sonorità soul, articolate però nella logica del jazz moderno. Il progetto su Duke Ellington, commissionato dal Roma Jazz Festival, nasce dalla collaborazione con l’arrangiatore e direttore Paolo Silvestri. Il quartetto guidato dal trombettista Fabrizio Bosso alla tromba, Julian Oliver Mazzariello al pianoforte, Luca Alemanno al contrabbasso e Nicola Angelucci alla batteria è rinforzato da un sestetto di fiati formato da Claudio Corvini e Fernando Brusco alla tromba, Gianni Oddi al sax alto, Michele Polga al sax soprano e tenore, Marco Guidolotti al sax baritono e Mario Corvini al trombone che formano così un “tentetto” con il quale Silvestri ha messo a punto un’operazione affascinante: ricreare con un gruppo più piccolo le sonorità ora aspre, ora seducenti, sempre eccentriche, dell’orchestra di Duke Ellington. La scommessa è pienamente vinta perché Silvestri usa l’ensemble per dare ulteriori sferzate orchestrali ad un quartetto che già macina energia. L’arte di Ellington viene così modulata ad ondate, con la tromba di Bosso in prima fila a esaltare la bellezza e la ricchezza di composizioni tra le più importanti della storia del jazz (biglietti da 7 a 18 euro).