Questa settimana la scelta del film da vedere si carica di precise motivazioni politiche.
Il film da vedere – lo diciamo subito – è LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT.
Lo schema produttivo del cinema italiano è chiaramente improntato su due strade. Da una parte la commedia più o meno idiota, in tutte le sue declinazioni, dall’altra il film “autoriale” – che non sempre vuol dire “d’autore”. Se i film autoriali continuano a essere finanziati quasi esclusivamente dal Ministero, le poche società di produzione in grado di cacciare dei soldi per un film vanno sul sicuro con commedie post-televisive con Bisio, la Cortellesi e Argentero.
Ora che cos’è LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT? Un film di genere. Sì, di genere. Un film di supereroi, anche se più vicino a Kick Ass o a Super che ai film Marvel. Un film fatto da giovani per i giovani, contrariamente al paternalistico Il Ragazzo Invisibile. Un film recitato da alcuni dei nostri migliori emergenti – Marinelli incarna perfettamente il ruolo di un “villain” coi contro cazzi che spesso manca pure nei film con gli Avengers. Un film con effetti speciali usati con parsimonia e efficacia. E’ anche uno strano mix che gioca intelligentemente con i clichè della commedia, per l’appunto, e del film d’autore alla Caligari o post-Gomorra, per l’appunto, per farsi accettare da un pubblico ormai abituato alle traiettorie di cui sopra. Non è un film perfetto, è un pochino troppo lungo, ma è un tentativo folle di fare qualcosa di inedito che nessuno in Italia ha avuto il coraggio di finanziare, – e il regista se l’è tirato su da solo fondando una casa di produzione. Non è, infine, un prodotto rigidamente intellettuale, ma un raro esempio di intrattenimento intelligente, che è quella via di mezzo ragionevole che in Italia manca.
Ecco per una volta i vostri soldi del biglietto hanno un valore politico, possono indicare una via diversa al cinema italiano popolare dominato da un bipolarismo maggioritario opprimente (no, tranquilli, non è un film grillino). Altrimenti, vi meritate commedie con Argentero tutta la vita.

E visto che ci siamo andate a vedere FUOCAMMARE. Film importante, ha vinto a Berlino dopo la vittoria del precedente documentario di Rosi (Sacro Gra) a Venezia e getta uno sguardo privilegiato e inedito su Lampedusa. Rischia di incassare poco nonostante i premi, le mille polemiche politiche (purtroppo non lo vedranno i salviniani, come si augura Rosi, ma i soliti spettatori di sinistra sensibilizzati) e critiche (c’è chi lo accusa di sensazionalismo citando in ballo per l’ennesima volta la querelle Rivette-Pontecorvo, che palle). Certo mancano i supereroi.

Non arriva a Prato – è uscito in 9 sale 9! – IL CLAN di Larrain. Ed è un peccato perché Larrain è ormai una garanzia su cui scommetteremmo ad occhi chiusi.

Esce, purtroppo, TIRAMISU’ l’esordio alla regia, terribile, sciatto, televisivo di Fabio de Luigi, che qualche critico ha sciaguratamente definito il “Peter Sellers Italiano”. Poi ci si chiede perché nessuno ha voluto finanziare un film di supereroi ambientato nella periferia romana.

Riesce a fare peggio di De Luigi CINQUANTA SBAVATURE DI NERO, forse una delle peggiori parodie di sempre – e sì che Cinquanta Sfumature di Grigio aveva più di un aspetto da parodizzare.

Per le famiglie c’è ZOOTROPOLIS, coraggioso film Disney che porta a una complessità inedita, sociologica e persino politica, l’antropoformizzazione – perdonate l’orrore, ma è la settimana di “petaloso” – tipica dei cartoni animati.