Questa è la storia di una scoperta diventata passione, viaggio, ricerca e adesso anche un libro: “Euzkadi, la nazionale della libertà” (RedStar Press) . La passione è quella che Edoardo Molinelli, pratese di 35 anni, un giorno del 1998 ha scoperto per i Paesi Baschi, il suo calcio e la sua storia. Un innamoramento che col tempo è andato crescendo, invece di affievolirsi come spesso succede, e si è trasformato in blog (sull’Athletic Club) e ha finito per trasformarsi in un libro sulla storia, mai raccontata del tutto, della nazionale basca di calcio degli anni ’30. Una formazione leggendaria, una squadra antifascista che negli anni della guerra civile spagnola seppe combattere Franco usando una cosa semplice e potentissima come il gioco del calcio.

euzkadi-1Edoardo Molinelli, che storia è questa di una nazionale di calcio antifascista durante la Guerra Civile spagnola?

“E’ una storia incredibile. I migliori calciatori spagnoli dell’epoca erano baschi e allo scoppio della Guerra Civile, su intuizione del presidente basco che aveva un passato da calciatore, partirono per un tour promozionale in Europa con l’obiettivo di raccogliere fondi a favore della Repubblica. Il tour doveva durare un mese ma durerà due anni, approderà anche in Messico, subirà il boicottaggio della Fifa e le pressioni del regime di Franco finché per molti giocatori non si trasformerà in esilio. Alcuni tornarono in Spagna solo alla fine della dittatura franchista”.

Com’è nata questa passione per i Paesi Baschi?

“Era il 1998 e io stavo guardando alla televisione Juventus – Athletic e il telecronista continuava a ripetere che di fronte alla Juve c’era una squadra composta da undici giocatori baschi. Quel particolare mi ha incuriosito. All’epoca internet era ancora una specie di miraggio, così ho cominciato a documentarmi come potevo e poi, in seguito, ho aperto un paio di blog sul calcio basco, ho visitato in lungo e in largo i Paesi Baschi e mi sono fatto pure delle amicizie. Insomma, mi sono innamorato di quei luoghi, di quel calcio e di quella gente”.

E perché un libro proprio sulla nazionale basca degli anni ’30?

“Per caso. Stavo cercando informazioni su Guillermo Gorostiza per Minuto 78, il blog di calcio per cui scrivo. Gorostiza è una specie di leggenda, una sorta di George Best basco, e spulciando qua e là mi sono imbattuto in una nota che lo inseriva proprio nella nazionale di calcio basca che s’imbarcò per il tour europeo durante la Guerra Civile spagnola. Ho cercato articoli e libri sulla storia di questa nazionale ma ho trovato giusto un libro, una tesi e un documentario. Così ho cominciato a mandare mail a mezzo mondo, ho spulciato decine di emeroteche in Francia, Russia, Spagna cominciando piano piano a ricostruire tappe e partite di questo tour. Ho impiegato un anno e mezzo a ricostruire tutto, e da appassionato di storia ho cercato di farlo nel modo più organizzato e obbiettivo possibile. Il risultato sono due anni di partite che hanno lasciato strascichi impensabili, che arrivano fino a giorni nostri”.

Cioè c’è chi si ricorda ancora del tour della nazionale basca? 

“Certo, è entrata nella storia sportiva di molti paesi, ma prima bisogna inquadrare la situazione. Il calcio è arrivato in Spagna dall’Inghilterra, attraverso l’oceano e approdando all’inizio proprio nei Paesi Baschi. E’ per questo che all’epoca i giocatori spagnoli più forti vengono da quella zona della penisola e proprio questa loro fama è il motivo del successo del tour: ricevono un’accoglienza incredibile ovunque. Però ci sono dei casi particolari. Da una parte la Russia e Mosca. Un mese di partite, centomila spettatori a partita e la convinzione che fu proprio la squadra di talenti baschi a insegnare un nuovo modo di giocare a calcio ai russi. Dall’altra c’è l’avventura americana, che è ancora più incredibile, se vogliamo. Bilbao è caduta nelle mani di Franco e la nazionale che stava per tornare a casa riprende il tour e attraversa l’oceano. Approda in Messico, dove il successo è immediato, poi arriva in Argentina e qui le cose si complicano. La Fifa infatti, che appoggiava Franco, si mette in mezzo e minaccia di squalifica i giocatori che metteranno piede in campo. Così, impossibilitati a giocare, l’onda di popolarità si affievolisce e alcuni giocatori decidono di rientrare. Ma il capitano Regueiro e molti altri decidono di non rientrare. Tornano in Messico e partecipano col nome di “Euzkadi” al campionato messicano arrivando secondi. Anzi, rischiando di vincere addirittura il campionato. Regueiro rimarrà poi a giocare in Messico fino al 1942″.