Scrivo una rubrica (un’altra) su una rivista letteraria pratese.

Le riviste letterarie non è che siano pratesi o fiorentine: non hanno patria, sono dell’umanità, al massimo. Scrivo una rubrica su una rivista cartacea, in questi tempi di deforestazione di libri e riviste, una sorta di ultima chiamata ai naviganti, o canto del cigno, direbbe forse mio nonno Brunello Lisi, là che attende nella grande casa di Sesto Fiorentino.

Le case degli italiani, si intitola la mia rubrica sulla rivista letteraria: una cosa a metà tra Lorella Cuccarini e le sue cucine più amate e George Perec, La vita istruzioni per l’uso. Le mie case stanno giusto a metà tra questi due estremi.

Scrivo una pagina al mese dove si parla di cucine, di bagni, di mobilia, di persone. Sono le case che ho visto e che vedo ogni giorno, sono alcune case che ho visto in passato e che ho amato per certi vasi di orchidee posti davanti alle finestre, per certi divani di bambù, per certi quadri e cornici e per altri motivi che cambiano ogni volta. Alla fine della mia rubrica, come in ogni vera rubrica, c’è anche la mia mail, per invitarmi a raccontare la casa successiva.

Per ora mi ha scritto solo una persona, ma ho il sospetto che l’abbia fatto perché ci conosciamo, e forse mi stima. Per induzione o per pietà.

Tuttavia è una bella rubrica e la porto avanti ugualmente, anche se è come una passeggiata nel deserto. Penso che anche per i ragazzi della rivista letteraria sia un po’ la stessa cosa, ma meno in solitudine.

Mi fa anche pensare a mio nonno, nella casa di Sesto Fiorentino che aspetta, quella mia rubrica.