di Maurice Nio

Che possa vincere la storia migliore. Qualche giorno fa il Comitato di Selezione ha deciso quali 10 studi di architettura sono stati ammessi per lavorare al progetto per il “Parco Centrale di Prato”. Questi 10 team, individuali o di gruppo, sono stati selezionati da una lista di 230 partecipanti preselezionati. 230 partecipanti! Questo è un numero impressionante! Significa che la città di Prato ha avuto bisogno di un Comitato di Selezione coraggioso,  di una commissione audace, per far fronte alla responsabilità quasi insopportabile di scegliere, su 230 fantastici partecipanti, quei 10 “giusti”.

Quei 10 “giusti” cosa significa, esattamente? Quelli che sono in grado di presentare delle splendide e incantevoli immagini di un parco? Ovviamente no! Oppure, mettendola in modo più mite, speriamo di no! Prato merita qualcosa di meglio, qualcosa di più originale e più emotivamente sostenibile per quanto riguarda il suo futuro. Speriamo che i 10 “giusti” raccontino storie, paesaggi narrativi in cui i cittadini di Prato possano soffermarsi e passeggiare con la mente.

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Maurice Nio – via Wikipedia

Perché questa è l’idea originale di un parco, quella di incarnare un paesaggio narrativo, seguendo la tradizione dei parchi inglesi con le loro “folie”, apparentemente senza senso, borbottando aneddoti assurdi. Camminare in un parco è come leggere un libro, scomparire dal paesaggio urbano e riapparire in una trama non lineare. Si diventa liberi! E questo è esattamente quello di cui abbiamo bisogno oggi: avere spazi in cui ci si possa sentire liberi, nei quali si possa scomparire dalle ragnatele della realtà quotidiana.

Il centro di Prato ha bisogno di uno spazio simile, svincolato dalla politica e da opinioni congelate, sciolto dalle tradizionali funzioni e dall’atteggiamento “noi facciamo sempre così”. Va bene, anche il museo Pecci è uno spazio libero, e lo si può notare facilmente, ma un parco deve essere veramente aperto a tutti. Non è solo paragonabile alla scrittura di un libro come “Il nome della rosa”, ma a una narrazione come “Alice nel Paese delle Meraviglie”.

Ma cosa succede se un team è in grado di proporre un paesaggio così emotivo, un vero e proprio paesaggio sentimentale, surreale (ricordate la dérive di Guy Debord!); Prato sarà in grado di ospitare la realizzazione di un tale parco? Non so, se posso essere onesto.

Dopo 10 anni che lottiamo per finire il museo Pecci, ho forti dubbi. Quello che so è che Prato è una città che implora un intervento in cui la natura e la tecnologia si fondano e inizino a raccontare una storia, dove il suono, la luce e la narrazione diventino una cosa sola. E non dimentichiamo gli animali, perché un parco senza animali – anatre o asini, cigni o bradipi – non è un parco. Quindi, cerchiamo di mescolare il suono, la luce, gli animali, l’ecologia, la storia, la natura e la narrazione in un parco per il futuro di Prato.

Anche se il nostro team non è stato selezionato, auguro ai 10 “giusti” tutta la fortuna e l’energia e la saggezza di proporre una storia gloriosa, un best-seller per Prato e per la regione Toscana in generale. Con il museo Pecci ho consegnato il primo contributo per il nuovo, futuro volto di Prato. Ora sto aspettando con impazienza di vedere il secondo grande contributo alla città.

Traduzione a cura del Museo Pecci. Il testo è stato aggiornato là dove si faceva riferimento all’attesa dei nomi dei dieci finalisti.