Dopo aver raccontato il rapporto tra lo sport e le dittature con gli incontri di “Ganamos“, Aut! (via Filippino) torna a raccontare sport e politica con “Pugni chiusi e cerchi olimpici“. Tre incontri sulle Olimpiadi curati ancora una volta da Fabio Bracci e Paolo Bruschi: da Jessie Owens e il nazismo fino ad arrivare al boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca del 1980.

Il programma

Venerdì 17 giugno, ore 21,30, spazio AUT!
Hitler, Goebbels e Jesse Owens: le Olimpiadi del 1936 

Primo esempio eclatante di uso strumentale e propagandistico del maggior evento sportivo del pianeta, le Olimpiadi di Berlino erano state in origine assegnate alla Repubblica di Weimar. Il nazismo le trasformò in una vetrina per la supremazia razziale ariana, grazie anche al film Olympia di Leni Riefenstahl. Le vittorie di Jesse Owens e la sua amicizia con il saltatore tedesco Lutz Long rovinarono in parte i piani hitleriani, ma non intaccarono la dura segregazione che umiliava i neri d’America.

Martedì 28 giugno, ore 21,30, spazio AUT!
Messico ’68: Tommie Smith (e Věra Čáslavská) alle Olimpiadi di Città del Messico

Con il massacro di Piazza delle Tre Culture, i Giochi del 1968 erano cominciati sotto i peggiori auspici, in un quadro di minacciosa turbolenza geo-politica. La clamorosa protesta del velocista nero, ma anche la silente ribellione dell’elegante ginnasta cecoslovacca, si incaricarono di dimostrare che lo sport può essere posto al servizio di ideali di giustizia e liberazione, persino contro le superpotenze statunitense e sovietica;

– 8 luglio (venerdì)- ore 21,30 – Spazio AUT!
Guerra fredda e cerchi olimpici: Władysław Kozakiewicz alle Olimpiadi di Mosca

All’inizio del decennio che avrebbe visto la caduta del Muro di Berlino, il contrasto fra Est e Ovest conobbe una recrudescenza che non si registrava da molti anni. Il presidente Jimmy Carter lanciò il boicottaggio dei Giochi del 1980 in risposta all’invasione sovietica dell’Afghanistanfurono boicottati da Stati Uniti, Germania Ovest, Giappone e da altri 62 paesi. Nel campo socialista, paralizzato dalla stagnazione brezneviana e agitato dalla nascente protesta di Solidarnosc, fece scalpore l’astista polacco, che rivolse al pubblico moscovita il gesto dell’ombrello dopo il salto che gli valse la medaglia d’oro.