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Che dire? Una partita tanto orrenda quanto inutile, giocata male dall’Italia B contro una Irlanda tutt’altro che irresistibile ma che, al contrario, vede possibile un traguardo storico: il clamoroso passaggio del turno e non se lo lascia sfuggire. E così l’Irlanda, stritolata dal redivivo Belgio, ha la meglio, meritatamente – un rigore sacrosanto negatole nel primo tempo – grazie alla rete a cinque minuti dalla fine di Brady.

Gioca di anticipo il Ct azzurro, avendo colto l’evidente calo di gioco e di tensione contro la Svezia e il numero elevato di cartellini gialli, manda in campo una squadra inedita, in una partita inutile,
per far riposare i titolari, evitare squalifiche ai diffidati, far sfogare le seconde linee. La mente è già agli ottavi di finale contro la Spagna e Conte lo dimostra ad ogni sostituzione.

In pochi però colgono l’occasione concessa: sicuramente Sirigu – tranne per un’uscita a vuoto – che dopo i mondiali in Brasile dimostra di offrire ottime garanzie in caso di assenza di Buffon e fanculo a Blanc che per l’intera stagione nel PSG gli ha preferito quella mezza pippa di Trapp. E in un torneo che par essere il trionfo delle papere dei numeri uno, non è poco.

Tra gli attaccanti follia Zaza come al solito morde il freno, lotta come un gladiatore, raddrizzasse anche la mira saremmo tutti contenti. Stecca completamente il centrocampo, Moviolone Thiago Motta – capro espiatorio nazionale – ma soprattutto Sturaro. A risentirne è soprattutto Immobile che, fatta eccezione per un tiro da fuori area nel primo tempo, non tocca praticamente boccia per il resto dell’incontro. Meglio l’innesto sul finale di Insigne, un altro che morde il freno e che solo l’integralismo tattico di Conte può relegare a un ruolo di panchinaro. Appena in campo coglie un
palo clamoroso.

Sembra la svolta della partita, ma è Sirigu a dover mettere una pezza, anzi due, prima di capitolare sull’anticipo di testa di Brady, reso possibile al solito clamoroso buco di Bonucci autoproclamatosi qualche mese fa, con un po’ troppo entusiasmo, il miglior difensore al mondo.

Maluccio anche il miracolato Ogbonna. In difesa, come al solito, il migliore è sempre Barzagli e forse non è un caso essendo l’ultimo reduce con Buffon, dei mitici mondiali 2006 dove, ricordiamocelo, il ragazzo di Fiesole era il panchinaro dei panchinari avendo davanti gente come Cannavaro, Nesta e Materazzi.

Spesso in questi giorni si è fatto ricorso al paragone tra l’Italia di Lippi e quella di Conte, entrambe bistrattate alla vigilia, poi protagoniste sul campo, grazie al carattere e allo spirito di gruppo nei momenti decisivi. Ma forse stasera più che mai quel paragone appare una bestemmia. L’Italia del 2006 una partita del genere l’avrebbe forse pareggiata, ma mai persa. Anche se non contava una mazza. E forse la differenza non era l’abissale differenza tecnica, caratteriale, di orgoglio di chi
scendeva in campo, ma anche nella capacità di chi sedeva in panchina.

A fine gara è il solito trionfo dell’ego ipertrofico di Conte – che pensava la partita fosse finita prima – il quale – bontà sua – col volto paonazzo e gli occhi lucidi, dice di non aver niente da rimproverare ai suoi e che ha avuto le risposte che cercava, chiudendo con la solita contagiosa empatia l’intervista in diretta a bordo campo. Prima di scendere negli spogliatoi ad azzannare le caviglie dei cadaveri messi in campo.

Vabbé, non contava una mazza, ripetiamocelo come un mantra e speriamo che contro la Spagna che ci ha eliminato nel 2008 e superato in finale nel 2012, Conte faccia tesoro delle risposte avute, e sappia infondere ai suoi giocatori lo spirito della gara inaugurale contro il Belgio.

Chiudiamo segnalando che, come prevedibile, il Belgio ha sconfitto uno a zero la Svezia. Si chiude così mestamente l’europeo di uno dei campioni più attesi, Ibra, che termina pure la sua esperienza con la Nazionale, tornando a casa senza aver segnato una sola rete, sancendo l’eliminazione della mia squadra dal fantacalcio europeo. E questo è il verdetto più duro da digerire in una serata in cui non contava niente alcunché.