Ermanna Montanari, attrice del Teatro delle Albe di Ravenna con una ultratrentennale esperienza di esplorazione artistica e uno studio sulla voce e sul suo uso espressivo che oggi ne fanno una delle grandi interpreti della scena italiana, dà voce a LUṢ, un concerto-spettacolo per voce, live electronics e contrabbasso diretto da Marco Martinelli, in scena al Teatro Fabbricone, da giovedì 24 a domenica 27 novembre (feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30).

Lus è un poemetto in versi di Nevio Spadoni, integralmente restituito al pubblico in dialetto romagnolo. Un concerto/spettacolo. Daniele Roccato al contrabbasso e Luigi Ceccarelli all’elaborazione digitale live dei suoni, per la regia di Marco Martinelli, fondatore insieme a Ermanna Montanari del Teatro delle Albe.

“Luce”, narra la vicenda della Belda, una fattucchiera d’altri tempi, riprodotta nella presenza scenica della Montanari in tutta le sue sfumature petrose, imbalsamate, elettroniche quasi. Belda è una strega tornata in mezzo ai vivi per raccontarci del suo Ottocento che molto ci riguarda. Una curandera, una maliarda, un’emarginata dal contesto della santa umanità le cui pustole è stata in grado di medicare. La donna, vittima dell’ipocrisia del paese, attraverso un monologo che è al contempo un testo-preghiera-maledizione, racconta la sua storia ed il peso che porta dentro se stessa: orfana di madre alla giovane età di tre anni, il padre mai conosciuto, cresce in casa del fratello maggiore e della moglie che le insegna l’arte medicinale delle erbe e “i loro amori”, diventando così con gli anni la strega di paese a cui tutti si rivolgono sia per i mali del corpo che per quelli dell’anima.

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La Belda, così poco sorpresa dal trattamento inelegante tornatole indietro, così cosciente d’aver suscitato repellenza, così consapevole del suo compito di parafulmine per tutti i mali dell’uomo. Non si può commiserare, La Belda, non è possibile compatirla; un po’ perché talmente assente da sé e criticamente lucida nel racconto, un po’ perché esista un frammento di Belda in ognuno di noi.

Il dialetto è veicolare allo scorrere di una narrazione orale, di tradizione quasi fiabesca e ha il pregio di ammorbidire sonoramente la ferocia del contenuto. La Montanari è ipnotica, realistica, serenamente votata al camaleontico vigore che la possiede.

Il monologo si rivela essere così una ricerca disperata di luce, di uno spiraglio di bene, quella stessa luce che lei dona agli altri ma che lei non riesce a vedere. È un’accusa sferzante contro la doppiezza, il farisaismo della nostra civiltà.

Un concerto, LUṢ, che racconta, senza raccontare, la magia incantatoria dei suoni, antica come il mondo, incarnata con forza nel nostro presente, nelle “facce”, malate e abbacinate, nei gorghi di colore, sangue e mercurocromo dipinti ad acquerello da Margherita Manzelli e dilatati nelle proiezioni sul fondale.