Chi protesta fa parte di un’intellighenzia che crede che le cose si risolvano in quel modo, come se bastassero i fuochi d’artificio”. Così l’assessore all’ambiente Filippo Alessi sintetizza le reazioni  all’annuncio che la Festa delle luci non si farà perché prima la comunità cinese deve pensare alla raccolta porta a porta dei rifiuti.

Andiamo con ordine. Ieri l’assessore all’immigrazione Faggi diceva “Mi stupisco che ci sia chi pensa che l’integrazione passi davvero da quella festa” e “A noi non interessa fare il festival dei cinesi”, in un pezzo del Tirreno sulle reazioni alla notizia che raccoglie anche quelle di Sinistra Italiana e M5S. A questo si deve aggiungere l’annuncio fatto dagli organizzatori della Festa delle Luci sulla propria fanpage stamattina: “Gli organizzatori della festa delle luci sono molto dispiaciuti della decisione dell’amministrazione comunale di non riproporre l’evento per il Capodanno cinese 2017 . Si sta comunque lavorando fin d’ora insieme alla parte produttiva privata della città per organizzare nel 2018 una seconda edizione della Festa delle Luci, con caratteristiche di grande evento internazionale che punti sull’intreccio di cultura, business e turismo, nell’interesse della città tutta“.

Adesso tocca a Filippo Alessi intervenire e spiegare, contattato su richiesta per telefono, i motivi dell’abolizione della manifestazione e il progetto con cui il Comune ha in mente di portare davvero l’integrazione a Chinatown.

La Festa delle Luci è un’ipocrisia

“La gente non conosce davvero quel quartiere (Chinatown ndr) – comincia al telefono Alessi – hanno gettato quintali di olio esausto nei tombini rischiando di mandare in tilt il depuratore e non si riesce a debellare i topi perché continuano a gettare scarti animali e vegetali nei cortili. E’ una bomba ecologica, un disastro ambientale. Proprio perché i cinesi li consideriamo cittadini di Prato non ci è sembrato il caso di spendere 40mila euro per una manifestazione che sarebbe solo un’illusione, come un’illusione è che la prima edizione sia stata la festa di tutti.  La Festa delle Luci è bella ma è un’ipocrisia, e chi protesta fa parte di un’intellighenzia che ancora pensa che le cose si risolvano in quel modo  – aggiunge – a Prato però non ce la sentiamo di festeggiare la città multiculturale. Prima di farlo bisogna portare avanti molte altre cose”.

Il porta a porta è un simbolo

“Il porta a porta non viene mica rispettato, ma è un simbolo – dice Alessi – Da un anno abbiamo operatori e mediatori che portone dopo portone cercano di spiegare come devono funzionare le cose e noi adesso ci aspettiamo un miglioramento perché le cose non possono rimanere le stesse ancora a lungo, ormai siamo alla terza generazione di cinesi: in quel quartiere (Chinatown ndr) vivono i compagni di classe dei nostri figli”.

Così si fa l’integrazione a Prato

“L’integrazione si fa con un grande investimento come quello del Piu – dice convinto l’assessore Alessi – dieci milioni che cambieranno definitivamente il volto del quartiere e l’utilizzo che se ne fa, con una biblioteca dove cinesi e italiani potranno studiare fianco a fianco, piazze e campi da gioco. Diventerà un quartiere come gli altri, per capirsi, invece che il quartiere più difficile della città. E’ lo stesso approccio che stiamo tenendo per il Soccorso  – aggiunge – non stiamo portando avanti il progetto del sottopasso a causa del traffico. Il sottopasso serve per impedire che quel quartiere diventi il secondo ghetto di Prato. Integrazione si fa sostenendo in quel quartiere (Chinatown ndr) le tante persone che ogni giorno si danno da fare, e sto pensando soprattutto al circolo Curiel e alle associazioni che ci ruotano intorno per fare un esempio. Integrazione si fa con la cultura fatta tutti i giorni e non solo tre giorni l’anno, come nel caso della Festa delle Luci – conclude – sto dicendo che c’è in atto uno sforzo collettivo davvero importante per cambiare volto al quartiere e che questo per noi significa fare davvero cose di sinistra”.