Sono partita cattiva, poi sono stata pervasa da un vortice di speranza.

Ecco il mio Pitti Uomo in pochi punti.

1. Resistono le barbe (sebbene in forte calo) anche perché, si sa, la barba ha il grande pregio di rendere appetibile anche il più insignificante dei maschi (“E mo’ che se tojeranno ste bbbarbe capiremo con che cessi amo scopato.. cit. Clara Tosi Panphili, signora indiscussa della moda).

 

 

2. Bene la virata pesante verso la sartorialità (e di questo non si può che gioire). Sartorialità non corrisponde necessariamente a eterosessualità, il maschio vestito da omino è anche piacevole da vedere, attenzione però a non esagerare o l’effetto può risultare molto “Ken sposo”. I miei preferiti sono gli orientali che fanno invece molto Sakamoto in “Merry Christmas Mr. Lawrence” e che dunque aprono l’oriente a una notevole fase di erotica bellezza.

3) Il punk è morto. Viva il punk.
Tristi tentativi di Street style un po’ Mugatu di Zoolander.
E poi diciamocelo, è dei tempi di Pitti Trend che non ci si scompone più molto per gli outfit maschili.

 

 

 

4. Il padiglione più bello: My factory, dove tra gli oggetti da modaiolo understatement, tipo cappellini, occhialini, zainini e skatini disegnati da giovani creativi di tutto il mondo, appare la meraviglia: un piccolo stand di scotch (non l’adesivo, l’alcolico) che mi svolta la giornata. Li  provo tutti. Esco felice.


Morale: non facciamo tanto i difficili.

Talvolta (spesso) la moda fa ridere, è eccessiva, è brutta, oppure innervosisce, ma non succede lo stesso per ogni forma d’arte?

Ebbene, questo mare magnum di creativi e folli, questa spremuta di egocentrici esibizionisti a me in fondo in fondo piace. Mi piace tutto quello che è creazione, creatività, intuizione e originalità.

Viva Pitti, Viva Lenin, Viva Mao Tze Tung.

Zia Merda, anziana rocker (occasionally fashion blogger)