Arriva al Fabbricone “Il cielo non è un fondale”, creazione composta da una delle coppie più apprezzate del teatro contemporaneo, Daria Deflorian e Antonio Tagliarini; in scena troveremo anche Monica Demuru e Francesco Alberici. Lo spettacolo sarà in programma da martedì 7 a domenica 12 febbraio.

Si tratta di un lavoro in cui, sulla scia di un’osservazione di Albert Camus secondo cui siamo troppo spesso inclini a scambiare la nostra vita interiore per la nostra vita d’interni, quattro performer – oltre a Deflorian e Tagliarini in scena si trovano anche Monica Demuru e Francesco Alberici – frugano, abitano e esplorano la nostra condizione urbana, aprono un dialogo tra la finzione e la realtà, la figura e lo sfondo, l’interno e l’esterno nel tentativo di stanare un problema complesso, ecologico, etico, collettivo: l’urbanizzazione dei paesaggi e dei modi di vivere.

Se nelle opere precedenti c’era sempre il rimando a un materiale non necessariamente teatrale – la visione di Café Müller di Pina Bausch in Rewind, il reportage di Mariusz Szczygieł su Janina Turek in Reality, un’immagine di un racconto di Petros Markaris in Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni (premio Ubu nel 2014 per la migliore novità italiana e ricerca drammaturgica) -, Il cielo non è un fondale si stacca da ogni materiale di riferimento ed è il risultato di un sottile gioco tra ricordo e sogno, in cui prendono vita e si legano frammenti di quattro immaginari estremamente intimi.

La presentazione di Deflorian/Tagliarini

“…Non siamo paesaggisti, né urbanisti, ma ci affideremo teoricamente e concretamente alle pratiche di indagine di quei fantastici viaggiatori delle periferie. Nicoló Bassetti nel suo toccante e vivo racconto del grande raccordo anulare di Roma che è stato il punto di partenza per il documentario che ha vinto l’ultimo festival di Venezia, scrive: “Abbiamo puntato sulla lentezza e lo smarrimento metodico”. Nel breve ma intenso saggio La società della stanchezza il filosofo Byung-Chul Han ci ricorda che la capacità di posare uno sguardo incantato su ciò che ci circonda è prima di tutto una capacità di attenzione profonda e contemplativa, a cui schiacciati da un principio iperattivo di prestazione non abbiamo più alcuna via d’accesso. Altra fonte di ispirazione – anche questa non nuova per noi – è l’arte visiva. L’arte contemporanea riesce a delocalizzare l’attenzione, non la focalizza soltanto sulle figure. Ribalta le gerarchie tra figura e sfondo, soprattutto nelle installazioni e nei video. Un artista come l’olandese Smilnender che ricrea una nuvola in uno spazio chiuso, o artisti della land art, esperienze di indagine nel reale come quelle di Sophie Calle (come in Voir la mer) sono per noi esempi di opere dove la figurazione anche quando è presente serve a raccontare il paesaggio e non il contrario. Il nostro desiderio è infatti quello di riportare la sintesi – intesa non come riassunto ma come folgorazione – del nostro indagare il paesaggio in uno spazio chiuso, astratto. “Paesaggio” inteso sia come luogo reale sia come spazio dell’anima.”

Info: Teatro Metastasio – tel 0574 608501      sito : http://www.metastasio.it