Arriva a Prato “Un quaderno per l’inverno”, spettacolo di Massimiliano Civica su un testo di Armando Pirozzi, interpretato da Alberto Astorri e Luca Zacchini e prodotto dal Teatro Metastasio con il sostegno di Armunia – Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello.

Al Fabbricone, da martedì 7 a domenica 19 marzo (lunedì 13 e martedì 14 riposo, feriali ore 20,45, sabato ore 19,30, domenica ore 16,30, biglietti da 7 a 17 euro), andrà in scena “la storia di un introverso professore di letteratura che, rientrando in casa, vi trova un ladro, armato di coltello, che vuole da lui qualcosa di molto insolito: è una questione di vita o di morte – spiega Armando Pirozzi nella nota – Durante la notte che segue i due personaggi, in bilico tra speranza e disperazione, si confrontano su idee, sentimenti, interrogativi dolorosi, in un dialogo per entrambi nuovo e inaspettato. I due si ritroveranno anni dopo, ancora in qualche modo segnati dall’esperienza di quella notte che, seppure vissuta e ricordata in modi molto diversi, ha tracciato forse la possibilità di un cambiamento, di una più ampia comprensione”.

Il tema centrale del testo è la scrittura e la sua possibilità di incidere direttamente sulla realtà – spiega ancora Pirozzi – la forza miracolosa della poesia, non come semplice esercizio di tecnica letteraria, ma per la dirompente carica vitale che suscita, nonostante tutto, nelle persone”.

“Nel Teatro all’Antica Italiana – spiega invece Massimiliano Civica – di uno spettacolo che era stato un successo si diceva che aveva “incontrato” il pubblico. La parola “incontro” stava dunque per “successo”. È stato un incontro, è stato un bell’incontro: è tutto quello che si può e si deve pretendere dal Teatro. Con “Un quaderno per l’inverno” non vogliamo dire qualcosa agli spettatori – aggiunge Civica – ma condividere qualcosa con loro. Qualcosa che sentiamo che ci riguarda, come persone ed esseri umani.
Alla fine delle repliche saremo sereni se, in piena onestà, potremo dire: è stato un incontro”.

Non ci si può commuovere per una regia

“Cosa accomuna ognuno di noi a Dante, a Michelangelo, a Ramsete II, a Giulio Cesare o a Emily Dickinson?

Che anche noi, come loro prima di noi, soffriamo e gioiamo per amore, abbiamo paura di morire, piangiamo per la scomparsa dei nostri cari, ci preoccupiamo per i nostri figli, patiamo delle ingiustizie che subiamo, soffriamo per i mali del corpo e per quelli dell’anima. L’amore, la morte, la lotta per la sopravvivenza, e i sentimenti ad essi legati, rappresentano la persistenza dell’umano: sono ciò che ci rende uguali, che ci permette di capirci e soprattutto di provare compassione per gli altri.

Le storie dei grandi poeti, drammaturghi e scrittori ci interessano e ci commuovono appunto perché sentiamo che ci riguardano: con Shakespeare abbiamo in comune gli stessi sentimenti della tragica inesplicabilità della nostra esistenza, con la “sola” differenza che lui riesce ad esprimerli in forme più compiute e artisticamente evidenti. E di questo gli siamo grati, per l’immenso dono di non farci sentire soli.

A teatro ci riconosciamo umani ed effimeri, e la condivisione degli stessi sentimenti ci rende meno soli e ci apre alla compassione: quando c’è teatro noi ci perdoniamo e perdoniamo. Ma questo può avvenire solo attraverso gli attori. A teatro noi abbiamo la possibilità di entrare in empatia e di commuoverci solo per e con quegli esseri umani che sono lì davanti a noi ad agire una storia. Se il teatro vuole tornare ad essere un bisogno vitale per le persone, allora gli attori devono tornare ad essere i sovrani della scena. Perché, come dice Blaise Pascal, “All’uomo ciò che interessa veramente è l’uomo”.

Come regista la mia nuova ambizione è quella di sparire, di rendere invisibile la mia presenza per servire gli attori e, dunque, il pubblico. Non ci si può commuovere per “una regia”, ma solo per gli attori e per le loro storie; si può entrare in reale empatia solo con degli altri esseri umani, non con un segno scenografico, con un gioco di luci o con dei simboli che un deus ex machina utilizza per spiegarci analiticamente la sua visione della vita. Questo voler sottrarsi e nascondersi come regista serve a portare ancora di più in primo piano, rispetto a quello che ho fatto in passato, il rapporto tra esseri umani nel qui ed ora del rito teatrale, l’incontro “al presente” tra gli uomini sulla scena e quelli in platea. Un teatro che “toglie” scorie per giungere ad una maggiore purezza, un cancellare per far risaltare di più i tratti identificativi del quadro. Invece della “bella regia”, della regia che fa mostra e spettacolo di sé, una regia che miri alla purezza, che “serva” il teatro a dispiegare la sua essenza, che renda più prossimo e quasi senza precauzioni l’incontro “faccia a faccia” tra attori e spettatori. Lavorare ancora di più a togliere, limare e asciugare per riuscire a dare di più.

Con il drammaturgo Armando Pirozzi e gli attori Alberto Astorri e Luca Zacchini abbiamo deciso dunque di provare a “non farci notare”: cercheremo di non far notare il lavoro sulla regia, sul testo e sulla recitazione. Vogliamo che gli spettatori si trovino davanti ad un “fatto”, non alla nostra interpretazione e al nostro giudizio di quel fatto. Metteremo davanti al pubblico due esseri umani e la loro storia, sperando che quella storia ci riguardi tutti e che, per la durata della rappresentazione, il pubblico stesso si dimentichi di essere a teatro. Perché il massimo dell’arte e della tecnica è non far notare l’arte e la tecnica.

Uomini che sanno “fare accadere” una storia davanti ad altri uomini, questo per noi è oggi la vocazione del teatro. In fondo vogliamo semplicemente raccontare una storia, lasciando liberi gli spettatori di esserne i coautori, ovvero di viverla ed interpretarla ognuno a modo proprio, riconoscendosi, con quelli che sono in scena, uomini tra gli uomini. Tutti alle prese con le stesse fondamentali questioni: l’amore, la morte, l’amicizia e lo sforzo di trovare un senso alla vita.

Se durante “Un quaderno per l’inverno” lo spettatore non si sorprenderà a pensare “che bella scelta registica” o “com’è bello questo testo” o “come recitano beni gli attori”, ma rimarrà costantemente dentro la storia ed emotivamente addosso ai “personaggi”, allora sapremo di aver fatto una grande regia, di aver scritto un grande testo e di averlo recitato al meglio.

Massimiliano Civica

Nei giorni dello spettacolo sarà sempre attiva la navettaPorta al Serraglio/Fabbricone (andata e ritorno) per gli spettatori che raggiungono Prato in treno, al prezzo forfettario di 2 euro. Il ticket navetta può essere acquistato on-line (ticka.metastasio.it), congiuntamente all’acquisto del biglietto dello spettacolo, o in biglietteria (via Cairoli 59, dal martedì al sabato 9.30/12.30 e 16.00/19.00).