Sabato prossimo 17 novembre, a Prato, è il Riccardo Onori day. O meglio, è la Giornata del Gemellaggio, il giorno in cui il grande stato del Sonoristan sbarca a Prato in visita ufficiale. L’agenda istituzionale è fitta: si parte dal pomeriggio (ore 17.30) in cui il Presidente di questo paese lontano e libero si presenterà presso la Casa Musicale Niccoli per parlare di musica (che è un po’ come ballare di architettura, pare dicesse Frank Zappa, ma a volte può essere bello e necessario, quando si ha a che fare con dei paesi che offrono opere di questo livello) ma anche di usi e costumi di uno stato che sulla cartina c’è solo se lo si va a cercare. E come se non bastasse, la sera (la notte, come si confà al luogo e alla circostanza) tutta la delegazione del Sonoristan si presenterà sul palco del Capanno 17 per presentare, dal vivo, tutti i suoni e tutti i colori di quel paese afroasiaticoccidentale che si propone, con la propria politica d’inclusione e collaborazione, di essere d’esempio anche a questo pezzo d’occidente.

Fuori dalle metafore diplomatiche, quello che ha creato Riccardo Onori per quella che di fatto è la sua opera prima è un concept musicale di altissimo livello e di grande gusto.

“La vita è l’arte dell’incontro”, diceva Vinicius de Moraes. Questa cosa Riccardo Onori deve averla capita molto bene. C’è chi fa musica in totale solitudine, guardandosi l’ombelico, e si trova a proprio agio solo specchiandosi nella propria arte, e chi la propria arte la condivide e fa della condivisione la propria arte.

In questo caso, la seconda che hai detto: superfluo ricordare tutte le collaborazioni che costellano la vita artistica del chitarrista pratese, basta andare su Wikipedia per farsene un’idea. Ridondante anche ricordare che si tratta della chitarra di Lorenzo Jovanotti oramai da quasi vent’anni, e che ha scritto insieme all’eterno ragazzo di Cortona alcune tra le pagine più importanti ed emozionanti degli ultimi album (“Fango” e “Mi fido di te” per ricordare le più eclatanti. Io apprezzo molto anche il giro di “Paura di niente”, talmente limpido che si fa perdonare anche una cosa come “Viva la libertà”).

E’ un artista che ha sempre messo in gioco con altri artisti la sua musica, logico che anche per il progetto, il primo che porta il suo nome e cognome in copertina, si sia voluto avvalere di molte, pregiate e per niente scontate collaborazioni. Si va dal trombone di Gianluca Petrella alla voce di Sabina Sciubba delle Brazilian Girls (per “Sea no street”, primo estratto dal disco che gira in rete già da qualche mese), dalla cumbia di Ruben Chaviano al sax di Dimitri Espinosa. E ancora, incontra e fa incontrare il rap di un giovanissimo pratese (Pietro Matteo Griggio, in arte GRINTV) con Zian Trambelsi, tunisino legato all’Orchestra di Piazza Vittorio che cuce un ritornello perfetto per il pezzo che da il titolo all’intero progetto.

Da Hindi Zahra, cantante marocchina di etnia berbera, a Mudimbi, italiano di seconda generazione (di origine tunisina) che si destreggia con l’italiano molto meglio di tanti italiani di prima generazione.

Musica e parole che non hanno confini geografici, né di stile. Si va dall’afrobeat ai ritmi latini, dal funk alla cumbia, dal bolero alla ballata accarezzacorde. Musica ibrida, dove il termine ibrido ha tutte le connotazioni positive possibili. Ibrido non perché “né carne né pesce” ma perché carne e pesce insieme. Perché fa convivere carne e pesce. Fa convivere diverse culture, diversi modi di sentire. Oriente e occidente. Africa e Asia. In un momento storico dove nei paesi reali si trovano maggiori consensi alzando dei muri piuttosto che abbattendoli, Riccardo Onori non poteva che ambientare questa sua avventura in un paese immaginario, una specie di Utopia (im)possibile dove per fare musica non servono permessi di soggiorno. Il Sonoristan, appunto. E la world music di questo paese è quella che ascolteremo dal vivo al Capanno 17 sabato prossimo, con Riccardo Onori sommo orchestrante. Una musica senza confini designati se non quello del gusto e dell’intelligenza.