Il gruppo pratese è di nuovo partito alla volta dell’India. Come ogni anno, un gruppo eterogeneo di persone tra studenti, pazienti del Dipartimento di Salute Mentale di Prato, volontari e professionisti del settore è partito per il Kerala, nello specifico Cochin, per portare avanti il progetto ‘Cittadini del mondo-Passaggio in India’ che da oltre dieci anni vede coinvolte più identità nel Fare-assieme all’interno del manicomio di Cochin, il Settlement.

Il gruppo si è messo in viaggio da Prato, giovedì 15 novembre 2018, e resterà nel Kerala per 18 giorni scanditi da faticoso lavoro e intensi rapporti con il manicomio e il mondo indiano.

All’arrivo, non sono state trovate le temperature tipiche di questa regione, ma forti piogge e lieve frescura. Si dice sia ‘la coda del monsone’ che questa estate ha distrutto intere comunità. Questo clima ha permesso di prendere confidenza gradualmente con l’umidità e l’afa dei giorni successivi.

Appena arrivati al manicomio, è stato fatto un giro veloce per le camere degli utenti: circa duecento fra uomini e donne e tra queste ce ne sono ben 24 chiuse in una stanza con un lucchetto.

La maggior parte di loro proviene da stati diversi dell’India e non parla né inglese né la lingua del posto. Oltre al ricovero per motivi psichiatrici, spesso sono donne molto giovani, abbandonate dai mariti o scappate a causa di violenti maltrattamenti. Quelle con cui è stato possibile comunicare hanno spiegato che il motivo della loro segregazione è dovuto a tentativi di fuggire dalla struttura.

L’odore è molto pesante; il cibo viene loro distribuito attraverso le grate della finestra. Sorgono spontanee una serie di domande. Davvero tutte queste donne oppongono resistenza ai servizi del manicomio e non hanno pertanto diritto a uscire dal proprio dormitorio? Avranno mai nuovamente la possibilità di vedere quella porta aperta? È funzionale al trattamento della salute mentale una punizione di tal genere? In fondo al reparto femminile, vi è poi una donna rinchiusa in solitario, letteralmente murata viva poiché oltre alle grate è stato costruito un muro in cemento che permette di vedere solo il suo viso. Qui l’aria si fa davvero irrespirabile. Lei si chiama Ammu, è molto giovane e anche la sua condizione disperata e devastante è dovuta a tentativi di fuga.

Ci tende le mani e le domande si annientano nello sconforto.

Quest’anno, gli accordi con il Settlement prevedono lavori di “messa a nuovo della cucina e degli spazi limitrofi”. Questa volta il lavoro all’interno di questo ambiente è stato particolarmente duro da accettare, in quanto le metodologie di pulizia indiane sono molto differenti da quelle italiane.

Ciò che il gruppo si è trovato di fronte sono stati: muri neri, odori nauseanti, grasso che colava, fili di ragnatele in ogni angolo, fili della corrente senza alcuna protezione, liquido marrone che dal muro scendeva lungo il pavimento. È stato chiesto di scrostare tutto e di imbiancare, è stata utilizzata una tintura gialla che difficilmente riusciva a coprire il nero che piano piano riaffiorava sulle pareti.

In contemporanea al lavoro all’interno del manicomio, altri componenti del gruppo hanno lavorato in una casa di una famiglia del luogo; purtroppo, però, anche per loro il primo approccio non è stato dei migliori. Infatti, dopo essere stati cacciati da una donna di mezza età con evidenti problemi psichici, si sono diretti da un’altra famiglia che li ha accolti con molto piacere.

E ancora, oltre a tutto ciò, coppie di ‘cittadini del mondo’ di volta in volta sono stati coinvolti nel progetto portato avanti da un volontario e conoscente delle sorelle del Rosary Convent che consiste nella distribuzione dei pasti ai poveri senza dimora, passando inizialmente a raccogliere il cibo donato dagli alunni che frequentano le scuole del quartiere.

A seguire, il lavoro è proseguito sulla spiaggia di Fort Cochin insieme ai ragazzi che frequentano la Saint Dominic School. Sotto un sole cocente, una piccola parte della spiaggia è stata ripulita dalla sporcizia e dalle siringhe che i tossicodipendenti, noncuranti, vi gettano. Un altro problema qui, infatti, è il consumo di droga, eroina soprattutto.

Ripulire la spiaggia non è un’azione che viene svolta per rimuovere tutta la sporcizia poiché sarebbe praticamente impossibile, ma è invece importante attraverso questa iniziativa dare visibilità ad una buona prassi di rispetto e cura dell’ambiente. Oltre al lavoro all’interno del manicomio, anche il gioco è un importante strumento per relazionarsi con l’altro; ogni anno, infatti, si tiene nel piazzale della scuola una partita di calcio Prato-Cochin che quest’anno… ha visto la vittoria degli amici indiani (1-2)!

Come sempre, un appuntamento fondamentale per il gruppo è il primo incontro per condividere vissuti ed emozioni; al centro la volontà di accogliere l’altro, rendendo il singolo parte di un insieme più ampio, capace di adoperarsi nella cooperazione. Gli stimoli in questa prima settimana hanno sollecitato in maniera convulsa i sensi, colmando di musica, preghiere e clacson le orecchie, stringendo forte le mani sempre più calde e aperte al contatto, speziando di colori le giornate.

Ma è il recinto umido del Settlement che ha smosso emozioni, ha chiesto di interrogarsi, ha spinto ad agire. Sensazioni fortissime per chi si è unito al progetto per la prima volta e che trova nei veterani un confronto fondamentale e una rassicurazione per quel timore di non fare abbastanza: nella continuità e nei gesti condivisi sta la serenità dell’esserci senza la presunzione del fare, con la speranza che qualcosa di ‘sano’ possa amplificarsi. Risonanza che vuole partire dall’incontro tra la studentessa di Economia dello Sviluppo e il tuttofare del Magnolfi, tra l’infermiera in attesa della mobilità a Careggi e il sorvegliante di Officina Giovani. E allora, il valore aggiunto è nell’eterogeneità che si unisce, è nel riconoscere la diversità come una caratteristica umana preziosa e trasversale a culture, religioni e categorie diagnostiche per diventare ‘Cittadini del Mondo’.

Martina Dondiego, Chiara Fantozzi,  Ilaria Santi