Il 27 maggio (fino al 30 maggio) debutterà in prima assoluta al Fabbricone “Ottantanove”, spettacolo firmato e diretto da Elvira Frosini e Daniele Timpano, affiancati per la prima volta in scena da Marco Cavalcoli. Biglietti da 10 a 15 euro. Ore 20 nei feriali, ore 18 domenica).

Prodotto dal Teatro Metastasio di Prato in collaborazione con Kataklisma teatro e Teatro di Roma – Teatro Nazionale, “Ottantanove” “fa riferimento alla Rivoluzione Francese del 1789 e alla caduta del Muro di Berlino del 1989 per scandagliare simboli e retoriche dell’apparato culturale occidentale fino ad arrivare all’osso dei suoi miti fondativi – si legge nella presentazione – passato e presente, storia francese e storia italiana, modernità e postmodernità si sovrappongono mettendo in crisi le nostre vite “democratiche” e l’immaginario legato al concetto di rivoluzione”.

«Il nostro è uno sguardo da italiani, da cuginetti d’oltralpe, lo sguardo dei parenti poveri, meno evoluti, da liberare e civilizzare – commentano Frosini/Timpano – La Rivoluzione francese non l’abbiamo fatta noi. Anzi. L’abbiamo in parte subita. La Rivoluzione si intreccia con la nostra storia e con l’avvio del nostro stesso mito fondativo, il Risorgimento: il tricolore italiano nasce il 7 gennaio del 1797 in piena Repubblica Cispadana controllata dai francesi. Ma il nostro è anche uno sguardo da europei occidentali, perché nonostante tutto siamo gli eredi della Rivoluzione. Le nostre democrazie, l’Europa di oggi, tutto il mondo in cui viviamo è stato fondato allora. L’Europa è un’entità contraddittoria, in evidente crisi politica e democratica, ma che continua a proclamare come suoi fondamenti identitari i diritti civili, la sovranità popolare, la cittadinanza, le libertà di stampa, riunione, culto, associazione, la democrazia. Concetti nati durante la Rivoluzione e in essa già traditi, ancora oggi sbandierati e utilizzati in qualunque discorso pubblico europeo, nonostante suonino ormai svuotati di senso, di sostanza, come gusci vuoti lasciati sulla spiaggia. Cose nate allora la cui carcassa ci ritroviamo oggi tra i piedi, ma svuotata di ogni contenuto, come le mummie imbalsamate degli egizi, con tutti gli organi chiusi in un vaso canopo – la milza, gli intestini, il cuore, il fegato – e la vuota forma del corpo glorioso che fu, tuttora affascinante e persistente come un deodorante, ormai definitivamente morta. Che fine ha fatto, non diciamo la vita, ma almeno il canopo?».

«In Ottantanove va in scena l’assenza di una prospettiva reale di cambiamento, l’assenza della possibilità non dico di fare la rivoluzione, ma almeno di cambiare le cose, o di immaginare di cambiarle, pensare di poterle cambiare. L’assenza reale dei nostri diritti, dei nostri principi, scritti nelle costituzioni, ma svuotati di senso reale», conclude Elvira Frosini.

Autori, registi e attori della scena contemporanea italiana che dal 2008 condividono un comune percorso artistico Frosini/Timpano portano sul palcoscenico i loro corpi che disinnescano, decostruiscono e incarnano le narrazioni della Storia, analizzando le derive antropologiche della società a partire da un vasto materiale di riferimenti vari, dall’accademico al popolare, che costituiscono l’immaginario e la coscienza contemporanei. I loro testi portano sulla scena un complesso dispositivo teatrale in cui gli attori-autori sono sempre in dialogo con il pubblico ed in bilico tra l’incarnazione di personaggi, mitologie contemporanee e culturali, topoi della Storia, ed il semplice essere sulla scena e mettere in campo il proprio perturbante rapporto con la Storia e la cultura, in un gioco di scivolamenti spiazzanti che dissacrano tutte le retoriche senza fare sconti, neanche a se stessi.

.