Una canzone che invita al viaggio, ma anche un reportage durante 5 mesi di missione in Africa. Giacomo Tasselli, per gli amici Jack, ha pubblicato nei giorni scorsi il suo primo singolo dal titolo “In Viaggio con Te”. Si tratta di un brano che stimola la voglia di viaggiare sotto molteplici aspetti e significati, dall’immersione della natura oppure semplici e nuove esperienze culturali per poter rompere gli schemi, scappare dalla monotonia e la noia. Canzone ispirata dal suo viaggio di volontariato in Africa, durato ben 5 mesi: dalla prima manifestazione pandemica, fino all’inizio della seconda ondata. Il video del brano, è un reportage strettamente emozionante del luogo e delle sue genti, mostrando la voglia di comunicare e relazionarsi con un linguaggio universale: quello del ritmo.

Tasselli è un novello menestrello, con uno spirito punk e tanto da raccontare. In passato, a suonato la chitarra elettrica, dilettandosi anche nella composizione di canzoni di numerosi generi, dal pop al rock. Nel suo curriculum ritrovate anche studi lirici ed esibizione come professionista corale, come nella tappa milanese del tour mondiale di Hans Zimmer 2017. È il presidente dell’associazione musicale Euphonios di Prato e membro della band “L’Ostile Scout”.

“Africa report” by J Tasselli

Jack ha passato ben 5 mesi nel cuore dell’Africa, nel piccolo villaggio della Tanzania. Racconta della sua permanenza e di come non riesca a dimenticarsi i molteplici aspetti del luogo, come il caldo, l’afa ed il suo sguardo perso nel vuoto ad esplorare il territorio a lui circostante, in modo curioso.
“L’Africa mi ha insegnato a vedere ogni cosa da un’altra prospettiva, a cambiare idea, a tenere la mente aperta alla diversità, a conoscere e guardare in silenzio prima di giudicare qualsiasi cosa.”

Ha trascorso moltissimo tempo nell’orfanotrofio di Tosamaganga, in cui vi erano circa cento bambini dagli 0 ai 6 anni di età, abbandonati dalle loro famiglie perché troppo in povere. Si nutrivano di qualche cucchiaiata di acqua e farina, senza giochi, senza divertimenti.
“Il primo impatto con questi bambini è stato fortissimo e tragico: sono sporchi, i più piccoli ricoperti di mosche, non hanno giochi, pochi vestiti, spesso non hanno scarpe, mangiano qualche cucchiaiata di acqua e farina di mais e poco altro a colazione, pranzo e cena. Sono quasi sempre abbandonati a sé stessi.”
Guardando verso la speranza, Jack si inventò molteplici attività e giochi che i piccoli adoravano svolgere. Racconta di come il loro gioco preferito fosse “Simba”, che nella lingua locale, lo swahili, significa leone. Un acchiapparello in cui svolgeva la parte del Leone, che inseguiva i bambini per mangiarseli.
“Tutti però speravano di essere acchiappati da Simba per essere presi in braccio e strapazzati un po’. Ridevano di una felicità totale. Non c’è stato un giorno in 5 mesi che io arrivando da loro non fossi accolto con un coro di “Simba, Simba, Simba…”. Sono i bambini più sfortunati ma più allegri del mondo.”

Tanto altro tempo lo a condiviso assieme ai ragazzi di strada della comunità Papa Giovanni XXIII, dove ha organizzato laboratori di musica e conosciuto ballerini di hip-hop formidabili ed assurdi. Ragazzi cresciuti per strada, che hanno imparato a ballare solamente con i loro piedi nudi, guidati dalla passione e la speranza di un loro futuro nella musica. Si è anche improvvisato videomaker, realizzando video ed aprendo un canale YouTube per questi ragazzi, di cui vanno molto fieri.
“Con loro ho imparato che basta la forza di volontà e l’energia per sviluppare dei talenti incredibili. E che la musica e la danza sono linguaggi universali che abbattono ogni barriera.”

“L’Africa è il continente più povero e più ricco del mondo: povero di tutte le cose materiali su cui noi abbiamo fondato le nostre sicurezze e la nostra quotidianità, manca l’elettricità, manca spesso l’acqua potabile, manca il cemento e le case solide, mancano le strade, manca il cibo; eppure, in mezzo a questa carenza per noi totale, si riscoprono i sentimenti e i valori umani nella loro naturalezza, potenti e immensi, in una forma che noi abbiamo incasellato in modelli o più spesso attenuato e dimenticato”.