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Il 4 luglio 1897, nella sala dell’ex convento di S. Domenico, davanti a 150 operai, si costituì la Camera del Lavoro di Prato. L’atto fondativo, come ha ricordato Annalisa Marchi durante la celebrazione di lunedì 4 luglio sulla terrazza della Cgil in piazza Mercatale «È preceduto da una gestazione lunga un anno, da quando nel 1896, un paio di tipografi (quella dei tipografi fu la prima sezione della Camera del Lavoro), con due tessitori e uno scritturale repubblicano, dettero vita ad una commissione per la creazione della Camera del lavoro di Prato, che dodici mesi dopo si costituì con 12 sezioni e 1200 iscritti, fissando la sua prima sede (novembre 1897) in via Garibaldi».

«Un patrimonio della città, che la città deve tutelare. Non sono tante le organizzazioni di rappresentanza che possono vantare una storia come la nostra» ha precisato il segretario generale della Cgil di Prato Lorenzo Pancini davanti ai segretari che l’hanno preceduto (Franco Martini, Marcello Cappellini, Ambra Giorgi, Manuele Marigolli, Alessandro Fabbrizzi nella foto in basso), al sindaco Matteo Biffoni e alla segretaria generale toscana Dalida Angelini.

«La storia della Camera del Lavoro è la storia della città, si intreccia con la storia di Prato» ha sottolineato il sindaco Biffoni nel suo saluto. “E in effetti dal quel primo atto fondativo – si legge nella nota – con Giulio Braga stipettaio anarchico primo segretario, morto per le percosse subite dai fascisti, le vicende della Camera del Lavoro sono le vicende di Prato e del suo territorio, dalla sede di via S. Vincenzo, dove nel frattempo si era trasferita, assalita dagli stessi fascisti, alla ripresa dell’attività sindacale in concomitanza con la Liberazione, fino ad arrivare al 1948 quando la Cgil acquista il Palazzo di piazza Mercatale, sulla cui terrazza oggi si è tenuta la celebrazione, che sostiene con una raccolta fondi, e che venne tenuta a battesimo da Giuseppe di Vittorio”.

Una storia, ha ricordato la segretaria regionale Angelini, «senza cambiare né simbolo, né colore delle bandiere», dove la memoria conta «per essere protagonisti del governo del cambiamento, mettendo a disposizione il nostro patrimonio, che è anche un patrimonio di grande partecipazione sociale».