Marco Mugnai di fronte allo stadio nazionale di Pechino, detto "Nido d'uccello".

Mi chiamo Marco Mugnai, sono un architetto. Lavoro per uno degli studi di architettura più importanti d’Italia e dal 27 settembre 2012 mi sono trasferito a lavorare nella sede cinese dello studio, a Pechino.

Marco Mugnai di fronte allo stadio nazionale di Pechino, detto "Nido d'uccello".
Marco Mugnai di fronte allo stadio nazionale di Pechino, detto “Nido d’uccello”.

Mi sono laureato e, dopo due corsi di specializzazione al Politecnico di Milano, sono stato contattato da uno dei migliori studi di Prato. Dopo due anni e mezzo in cui ho avuto modo di lavorare in un ambiente creativo e sereno, maturando professionalmente, ho capito che era il momento di provare un’esperienza diversa. Ho mandato pochi cv, agli studi per entrare nei quali ero disposto ad abbandonare quella bella realtà in cui mi ero ritagliato i miei spazi e avevo imparato tanto.

Un fine settimana di ottobre, rientrato a casa da un bel week end fuori Firenze, due giorni di primavera, apro la casella di posta, più per abitudine che altro, e ci trovo la mail con cui lo studio Archea mi invita per un colloquio. Da lì a passare un anno di lavoro intenso, quasi senza pause, in un ambiente completamente diverso dallo studio di cinque persone in cui ero cresciuto il passo è impegnativo, ma breve.

Allora ecco che una volta ancora scopri che puoi superare te stesso e i tuoi limiti, e ancora il tuo bagaglio si arricchisce. Un anno che ne vale quattro per le cose che impari e il ritmo in cui cresci. Appena entrato in studio comincio a lavorare su un progetto, su cui lavorerò ininterrottamente fino alla mia partenza, un progetto che stavano iniziando a costruire in Cina. Finchè non arriva il momento in cui due colleghi rientrano da Pechino ed è necessario riempire un vuoto nello studio.

Ci ho pensato. Non si può non pensarci prima. I racconti che arrivano da chi a Pechino ci vive o ci ha vissuto non sono mai così accattivanti. Ho cercato di immaginarmi come potesse essere la vita in un mondo così lontano e alla fine ho capito quanto fosse un’occasione unica, che fosse il momento giusto, ho chiuso gli occhi, e mi sono buttato.

Mi piace viaggiare, ma ho sempre pensato che sarei vissuto in Europa: in Italia, oppure in Francia, dove ho fatto l’Erasmus, magari a Berlino o a Londra. Non sono mai stato particolarmente attratto dall’Asia. Mi sembrava qualcosa di troppo lontano, fisicamente e culturalmente. Qualcosa di difficile da immaginare. Soprattutto Pechino, così distante dal mito esotico dell’Asia da cartolina e allo stesso tempo così diversa dalle città moderne a cui siamo abituati.

Mugnai2Ma ormai il mondo è cambiato in modo radicale e nessuno può più pensarsi come disconnesso dagli altri, non puoi più pensare all’Europa come al confine del tuo mondo, nemmeno più al blocco occidentale come la tua sola realtà.

Ci sono paesi che fino a ieri vivevano di sola agricoltura che si sono affacciati sul “nostro” mondo e sempre di più ne stanno diventando protagonisti. Noi siamo cresciuti guardando all’America come unico modello e come terra promessa ma proprio mentre crescevamo qualcosa di imprevedibile è successo.

Mentre noi guardavamo verso ovest con tenacia ad est si stava costruendo qualcosa che siamo riusciti a immaginare per la prima volta nel 2008 con le Olimpiadi. Lì abbiamo capito che il paese delle biciclette e delle risaie si stava trasformando.

Da architetto è stata una sorpresa vedere come alcune tra le più belle architetture per le Olimpiadi degli ultimi anni siano state realizzate nel 2008 a Pechino, in un paese che nessuno di noi, prima, avrebbe mai annoverato tra le super potenze economiche, tra i paesi a cui guardare per capire in quale direzione il mondo stesse andando. Da quel momento in poi, giorno dopo giorno, è cresciuta costantemente la nostra coscienza del fatto che ci fosse un orizzonte nuovo e inaspettato.

Ed adesso eccomi qua, anch’io in quello che in molti definiscono il “paese dei balocchi”degli architetti, a farmi strada con la mia bici tra i carretti e le macchine di lusso nelle affollatissime strade Pechinesi. Ed è da qui che vi racconterò una storia, la mia storia, la storia di un architetto pratese a Pechino.
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