L’ex chiesino di San Giovanni torna alla città di Prato. Con un nuovo vestito, totalmente differente da quello per cui è stato concepito nel 1200. Non c’entra niente la curia pratese, però. La chiesa di via San Giovanni non era più consacrata da tanti anni, addirittura c’era stata aperta dentro un’officina. Adesso lo spazio riapre e ritorna alla città grazie al lavoro della cooperativa Fonderia Cultart che da un po’ di anni organizza eventi e concerti in città e non solo. L’ex chiesino di San Giovanni, dopo anni di lavoro, è stato completamente restaurato ed ora è pronto a diventare un nuovo spazio aperto alla città, dove per “nuovo” s’intende una cosa che non c’era prima. Un progetto interessante, importante anche come segno per tutta la città, dove una generazione di trentenni si rimbocca le maniche e costruisce qualcosa per la città, con l’aiuto della città.

Giovedì 19 giugno dalle ore 18 fino a tarda serata il lungo lavoro della cooperativa pratese sarà presentato alla città, con una serata ad ingresso libero a cui tutti i cittadini sono invitati. Abbiamo intervistato Francesco Fantauzzi, uno dei soci di Fonderia Cultart assieme ad Alberto Castellani e Fabrizio Nigro. Ci siamo fatti raccontare il “nuovo vestito” dell’ex chiesino di San Giovanni.

Francesco raccontaci in breve il progetto sull’ex Chiesino di San Giovanni

Tre anni fa giravamo per Prato in cerca di uno spazio in cui lavorare, in cui provare a fare attività teatrali, musicali ed espositive. Abbiamo trovato questa vecchia officina in affitto dietro piazza delle Carceri, solo dopo abbiamo scoperto fosse una delle chiese più antiche della città. Uno spazio dimenticato della città, evidentemente. E noi l’abbiamo voluto restituire alla città. Abbiamo elaborato un progetto di restauro della struttura affidando il lavoro ad architetti giovani, perché volevamo che tutto il progetto fosse quasi una sorta di riscatto generazionale. I costi dei lavori sono stati divisi tra il 30% dei proprietari del fondo ed il 70% a carico nostro. La nostra parte è stata suddivisa tra contributi dalla Regione, Comune di Prato ed un progetto da noi creato che raccoglieva donazioni e prestiti lasciati di associazioni o privati cittadini col quale abbiamo raccolto 40mila euro, quasi la metà dell’intera spesa del progetto. Il resto lo abbiamo dovuto mettere di tasca nostra.

Che spazio diventerà ora l’Ex Chiesino di San Giovanni?

Il sottotitolo del progetto legato all’ex chiesino è “Dove le idee si fanno spazio”: non è uno spazio prettamente culturale, non è uno spazio solo per eventi, è uno spazio in cui qualunque tipo di idea coerente con la particolarità del luogo può trovare spazio, appunto. E’ uno spazio che si deve autofinanziare: non abbiamo risorse pubbliche che sosterranno le nostre attività. Da settembre lavoreremo a creare un’identità specifica a questo luogo: cercheremo di trovare alcune soluzioni anomale per unire la cultura ad attività commerciali ed espositive di un certo livello. Per citare alcune idee che ci sono venute in mente: il fine settimana dell’editoria indipendente o delle etichette musicali indipendenti, dei dischi da collezione, del design, magari legate a presentazioni o showcase. Ci sarà anche il distributore BoxOffice.
Ci interessano le idee che ci sono in spazi che presenti anche a Firenze come la stazione Leopolda o l’Ostello Tasso, luoghi ibridi, ma punti di riferimento di qualità.

Chi ve l’ha fatto fare?

La volontà di metterci alla prova e di trovare un nostro spazio in città. Poi sicuramente la voglia di dare una risposta alla domanda ‘ma siamo sicuri che non ce la facciamo?’. La volontà di non attendere quel momento che non arriverà mai dove il comune, la regione, il ministero cercano qualcuno per affidargli uno spazio, ma quella di costruirselo da soli. Il desiderio di fare il primo passo, insomma, non stare ad aspettare.

Cosa sta succedendo a Prato, culturalmente parlando?

Una cosa che si muove sempre in continuazione: un mese sembra che si stiano muovendo tante cose, il mese dopo si ferma tutto. C’è stata la fase un paio d’anni fa in cui sembrava che attorno al contesto di Via Genova stesse nascendo un mondo culturale nuovo: sensazione che in questo momento non ho per nulla. Oggi vedo in centro piccole realtà che stanno nascendo in maniera più trasversale: spazi espositivi, gallerie, laboratori e nuovi locali. C’è una voglia di aprire attività e fare impresa, non per forza a livello culturale, ma anche. Prato si sta svegliando dal basso: la cosa che potrebbe davvero sostenere questo scatto è l’ente pubblico che dovrebbe accorgersi di questo movimento e favorirlo. Non per forza a livello economico, finanziando con i propri soldi, che tanto non ci sono. Basterebbe agevolare e facilitare chi vuole investire in questo senso: per aprire questo spazio abbiamo accumulato una pila alta un metro di carte, con 120 marche da bollo e quindi spese inutili, di segreteria, per esempio. Per non parlare di tutta la trafila burocratica, molto spesso scoraggiante.