Umberto Spinelli, presidente dello Special Team, è di quelli che ci mette la faccia, sempre. E in questa occasione, nell’elegante cornice del teatro Magnolfi, circondato da una platea amica e affiancato dal sindaco Matteo Biffoni e dal consigliere d’opposizione Rita Pieri (FI) ex assessore alla Pubblica Istruzione, ci ha messo anche il cuore. Nel suo discorso introduttivo del Convegno “S.PO.R.T, Progetto di inclusione – Strumento di sviluppo delle persone disabili” tenutosi sabato mattina, c’era tutta la carica emotiva di trent’anni di lavoro in un settore “in cui quando entri resti incollato per sempre”. Spinelli ha ringraziato lo zoccolo duro dello Special Team, genitori, tecnici, allenatori, chiunque metta ogni giorno da anni anima e corpo per rompere le barriere dell’esclusione, della diffidenza, creando ponti, belli, ampi e tanto necessari. Un tema che ha cavalcato sia Pieri – in un intervento appassionato di chi, nel ruolo di assessore, ha aiutato Umberto a partecipare a bando governativo poi vinto appunto con il progetto S.Po.R.T – sia Biffoni, impegnandosi a portare avanti la politica dell’inclusione e promettendo piena disponibilità da parte dell’Amministrazione.

Parole importanti, che hanno rincuorato i reali protagonisti della mattinata, i sei ospiti invitati a parlare alla conferenza, invitati a portare testimonianze che hanno coinvolto e commosso gli astanti. Coordinati da Stella Spinelli di Pratosfera, i relatori hanno saputo toccare le corde dell’emotività aprendosi e parlando “di pancia”. La prima è stata Arianna Kerkenbusch, sorella di Elisa, una delle storiche atlete dello Special Team, seduta in prima fila assieme alle amiche e compagne di squadra, attente ed emozionate. Arianna ha ripercorso il suo ruolo di sorella, la naturalezza con cui – bambina – ha vissuto la convivenza con quella sorellina speciale che mai ha considerato altro da sé. Un messaggio di naturale accettazione di persone che sono normalmente diverse, tutto qua. E un impegno ufficiale di amore e impegno nell’intento di preservare l’indipendenza di Elisa, animo libero ed energico, anche nel “dopo di noi”. Si tratta, questo, di un concetto che ogni genitore di persona disabile vive sempre, spesso con angoscia, lavorando una vita nel cercare di garantire un “dopo di loro” sereno in nome dell’autonomia. Un atto di amore pubblico, questo discorso, sigillato da un abbraccio fra sorelle che ha sigillato passato e futuro.

Molto coinvolgente, quindi, l’intervento di Marco Cirelli, volontario e innamorato del basket, che ha dichiarato come quella con lo Special Team sia l’esperienza che da sempre andava cercando e come il rapporto unico con i ragazzi lo abbia riportato alla vita dopo un periodo difficile. Stessa convinzione dimostrata da Diletta Pagnini, l’allenatrice – insieme a Giulia Spinelli – di ginnastica ritmica, nonché neuropsicomotricista. Diletta è convinta che la relazione con i disabili imbarazza solo i normodotati, che vanno quindi educati, abituati al rapporto con queste persone speciali, che altro non sono se non uomini e donne che ti danno cuore e animo senza filtri, senza bugie, senza sotterfugi. Eterno riconoscimento e impegno a proseguire quel rapporto di collaborazione che da dieci anni lega l’Arcobaleno Ginnastica Prato – di cui è presidente – e lo Special Team, lo ha espresso Andrea Carmagnini. Il suo è stato un elogio completo di quell’iniziativa di condivisione di spazi, di orari, di istruttori che le pluripremiate ginnaste dell’Arcobaleno fanno con le atlete speciali, una iniziativa che ha dimostrato come isole apparentemente lontane siano legate da ponti naturalmente stabili e incontaminati, che una volta nati restano, per sempre. Ed è sul concetto di isole – e non di mondi, visto che tutti apparteniamo al medesimo universo – che ha insistito molto nel suo lungo e approfondito intervento Paolo Lucattini, presidente dell’Associazione Angeli All Stars di Arezzo e direttore regionale Special Olympics, da anni costruttore di ponti ideali, ma concreti e tangebili. Ultimo ospite, ma certo non in ordine d’importanza, Marco Armellini, direttore del reparto di Tutela e Salute mentale Infanzia e Adolescenza, che fra l’altro ha riportato interessanti elementi da studi nordeuropei dove si certifica quanto sia fondamentale per curare molti dei disturbi psichiatrici la pratica di uno sport, che fa più di molti farmaci di cui spesso si abusa.

Hanno quindi concluso genitori di bambini disabili e storici volontari e da tutti è uscita la medesima conclusione: continuare con energia ad abbattere barriere, che non sono tanto quelle architettoniche, quanto quelle che i cosiddetti normodotati ergono inconsciamente perché ancora impacciati e a disagio nel rapportarsi a coloro che altro non hanno se non abilità altre. E che restano spiazzati di fronte all’altro, quel disabile che si pone con una naturalezza disarmante verso tutto e tutti. Ecco: è quella naturalezza la Lezione di vita ed è sull’abituare alla convivenza con chi è, semplicemente, differente che va investito. Unico e risonante sarà dunque il punto di partenza: togliere dal sottotitolo del progetto S.PO.R.T la parola disabile, in quanto la necessità di  “sviluppare” e di “inclusione” è assolutamente universale.