priorità alla scuola

Tutte le sigle sindacali insieme, per la prima volta in sei anni, per dire no al Disegno di Legge sulla Scuola, proposto dal governo Renzi e attualmente in discussione in Parlamento. Un ricompattamento, sostenuto anche da molte associazioni del mondo dell’Istruzione, che promette scioperi a oltranza e finanche blocchi di scrutini. A Prato rischiano di restare senza posto di lavoro 1300 persone.

Si comincia stasera, con la fiaccolata di Firenze, per poi continuare con assemblee informative in tutti gli istituti comprensivi cittadini e negli istituti superiori, (la prossima sarà il 30 aprile all’IC Nord e presso Isis Gramsci Keynes) per poi arrivare allo sciopero del 5 maggio che coinvolgerà tutti i lavoratori della scuola.

Perché?

Lo spiegano i rappresentanti sindacali di Cisl, Uil, FlcCgil e Gilda Unams: “Questo Disegno, se dovesse essere approvato – precisa Daniele Monticelli, Cls-Cgil – trasformerebbe la scuola in un’azienda, dotando il dirigente di poteri soprannaturali. S’istituirebbe una sorta di feudalesimo, con il preside in diretto collegamento con il Ministero, anch’esso magicamente dotati di poteri quasi assoluti, alla faccia del Parlamento e degli articoli 33 e 34 della Costituzione italiana. Così com’è, è un ddl che smonta l’impostazione della scuola guadagnata dall’autonomia in poi, ossia quella scuola pensata come comunità, in cui il lavoro d’equipe è il cuore pulsante dell’educazione”.

La preoccupazione principale è infatti il rischio che la scuola venga piegata “agli interessi del mercato, soffocando la sua principale funzione, che è l’istruzione e la formazione del cittadino”. “Così facendo – aggiunge Alessandro Rizzello della Uil – si espone a grave rischio l’idea della scuola come comunità che insieme condivide la responsabilità del progetto educativo. È proprio in nome delle famiglie e degli studenti che vogliamo una scuola in cui si assuma come valore di fondo la cooperazione e non la competizione. E in cui la contrattazione venga salvaguardata”.

Non possiamo accettare che la libertà d’insegnamento vada a farsi fottere e che diventi la scuola dei docenti che piacciono al dirigente – incalza il professor Giuseppe Lorenzo, Gilda Unams -. L’unica cosa di questa riforma che siamo disposti a trattare è il tentativo di superare il precariato anche se, continuando su questa strada, si otterrà più un licenziamento silenzioso di massa che la soluzione di una delle peggiori vergone del paese”.

Quello che dunque chiedono innanzitutto i sindacati è lo stralcio della parte che tratta la precarietà, in modo da essere trattata a parte, e la totale revisione di tutto il resto.

“Nonostante la cosiddetta Buona Scuola predicata da Renzi prometta di superare le supplenze e di rispettare i dettami della Corte europea che ha imposto di stabilizzare chi ha più di 36 mesi di servizio, in realtà lascerebbe a casa tutti coloro che, nonostante i 36 mesi, non fanno parte ancora di quella graduatoria ad esaurimento dalla quale si attingerebbe per formare il cosiddetto organico funzionale. Con il risultato di restare disoccupato a vita”. Parlando in termini numerici, solo a Prato, a rischiare sono 1300 persone circa: 1200 docenti di seconda fascia ai quali va ad aggiungersi il personale Ata. “Non solo quindi è una riforma ingiusta, ma mette anche in pericolo la continuità e la qualità dell’insegnamento” spiegano i sindacati.

“Occorre procedere subito con un piano di assunzioni ispirati a criteri di equità e giustizia che non escludano o penalizzino chi ha già dato tanto alla scuola – dicono in coro – Vogliamo però tutelare i precari che non possono essere licenziati così su due piedi dopo anni nei quali hanno supplito alle lacune di organico strutturale ossia alle mancate assunzioni di ruolo. “La Buona Scuola” è la peggiore involuzione della scuola italiana in tutta la sua storia”.