Fresco di nomina per la guida artistica del Piccolo Teatro di Milano dopo Luca Ronconi, Stefano Massini torna nel suo Teatro Manzoni col suo nuovo spettacolo “Shenzhen significa inferno”, col quale sigla i 13 anni di residenza nel teatro di Calenzano (Firenze).

Nomina triennale per il drammaturgo fiorentino (’15-’16-’17) in quello che era il posto di comando di Ronconi, scomparso proprio durante le repliche della messinscena di “Lehman Trilogy”, scritto appunto dalla penna fiorentina.

Il nuovo spettacolo “Shenzhen significa inferno”, in prima nazionale a Calenzano, andrà in scena il 7, 8, 9, 10, 14, 15, 16, 17 maggio alle 21.15. Il testo è ispirato alla storia vera della fabbrica-lager cinese dove vengono assemblati i nostri telefoni cellulari che, con oltre 800 mila dipendenti, è diventata famosa nel mondo dopo un’ondata di suicidi nel 2010.

La trama. Chiusi per 60 minuti in una stanza, quattro operai, due uomini e due donne, vengono sottoposti a un test spietato per mettere alla prova le loro attitudini e le latenti fragilità. Una psicanalisi alla rovescia, in cui ogni espediente viene utilizzato per azzerare o rilanciare l’autostima degli intervistati, in un continuo alternarsi di stati emotivi.

Il nuovo testo scritto da Stefano Massini non ha niente di tutto ciò che caratterizza solitamente i monologhi. Qui i personaggi sono addirittura cinque, immersi dall’autore in un’atmosfera agghiacciante, a tratti quasi insostenibile, densa di martellanti interrogativi. Perché in fondo tutta questa drammaturgia è una drammaturgia della domanda, un vero interrogatorio, un’inquisizione senza sosta né tregua, concepita per spiazzare e far emergere i punti di rottura.

Dopo il grande successo di “Balkan Burger”, Massini costruisce un nuovo spaccato di realtà contemporanea, scommettendo ancora sull’accurato lavoro di interprete di Luisa Cattaneo, già acclamata protagonista di testi cult come “La gabbia” e “Donna non rieducabile”.