a

Un mostro non è soltanto una creatura spaventosa: etimologicamente “mostrum” significa “prodigio”, un segnale che qualcosa si sta trasformando. Ieri sera lo scrittore Stefano Benni ha raccontato i suoi “Cari Mostri” al pubblico di Prato, all’ex chiesa di San Giovanni. “Nell’aprire questo libro vorrei pensaste – ha spiegato lo scrittore – che il mostro fa più paura se la porta è chiusa. Siamo in un periodo pieno di mostri dietro alla porta. Il libro, a differenza della televisione o dell’informazione web, ti lascia un po’ di tempo per aprire  la porta e dire ‘questo mostro lo conosco, posso fare qualcosa per non trasformarmi in lui o comunque decidere di provare a combatterlo con la spada dell’intelligenza e dell’ironia’”.

Sono veramente dei mostri i protagonisti dei racconti che compongono questo libro: tra mummie vendicative, ossessioni tecnologiche, Madonne che, invece di piangere, decidono di mettersi a ridere e altro ancora, la paura serpeggia ad ogni pagina, accompagnata però da un grande gusto per l’ironia.

In “Cari Mostri” Stefano Benni sfida il racconto di genere e apre la porta dell’orrore. Lo fa con ironia, lo fa attingendo al grottesco, lo fa tuffandosi nel comico, lo fa tastando l’angoscia. Lo fa, in omaggio ai suoi maestri, rammentandoci di cosa è fatta la paura. E finisce con il consegnarci una galleria di memorabili mostri. Con meravigliosa destrezza Stefano Benni scende negli anfratti del Male per mettere disordine e promettere il brivido più cupo e la risata liberatoria. E in entrambi i casi per accendere l’immaginazione intorno ai mostri che sono i nostri falsi amici, i nostri veleni, le nostre menzogne.

Alla fine dell’incontro lo scrittore si è fermato a firmare le copie dei suoi lettori.