Non si direbbe mai, ma Prato è piena di posti in stile Isola che non c’è: finché qualcuno non ti dice dove sono, non saprai mai che esistono. Lo studio di registrazione di Claudio Biancalani, chitarrista dei Raven Tide, è esattamente questo: il Sound Check Studio è facilissimo da raggiungere se sai già dove si trova, ma in effetti non è poi così difficile da trovare per chi ha un minimo di senso dell’orientamento. Motivo per cui la nostra intervista è iniziata con qualche minuto di ritardo.

Partiti come tribute band degli Evanescence nel 2006, dopo un po’ iniziano a sentire stretta la musica altrui e iniziano a scrivere nel 2009, per poi far uscire Echoes of wonder, il primo disco, nel 2001. “E’ fisiologico -spiega Carlotta, voce dei Raven Tide – la cover ti piace finché l’artista ti comunica qualcosa, ma poi se senti il bisogno di fare musica passare alla proprie composizioni diventa il passo successivo necessario.” Nel frattempo i Raven Tide hanno sviluppato un proprio sound decisamente riconoscibile e sono andati a finire in America, Los Angeles, nominati all’Hollywood Music In Media Awards 2015 col pezzo Doom Reveil. raven tide hollywood

In alto, sul muro, ci sono un paio di quadri con delle foto di una certa eleganza:” E’ la stampa dei riconoscimenti e l’attestato della nomination dell’anno scorso – dice Carlotta – l’Hollywood music in media awards è un riconoscimento dato da un’accademia, formata da personaggi di un certo ambiente che, unendosi insieme, fanno premiazioni che riguardano i diversi campi dello spettacolo: è un club di produttori di colonne sonore per cinema, produttori cinematografici, giornalisti, registi, che annualmente premiano i successi di botteghino dell’anno e tutto ciò che li concerne. In più c’è la categoria musicale talenti emergenti a livello mondiale, in cui premiano band emergenti il cui sound si avvicina in qualche modo alle colonne sonore. Nella categoria rock eravamo in sette da tutto il mondo, poi c’era etnica, contemporary, strumentale, colonne sonore.”

“E’ la parte mancante dell’Oscar –  spiega Claudio – è la parte di produzione di hollywood e cinema, il dietro le quinte, videogiochi, videoclip. Tutta la correlazione fra la parte video e quella musicale.”

raven tideApprodare alla kermesse non è stato semplice: “Siamo arrivati a questo festival con diversi step: avevamo un contatto per il booking a Los Angeles per vagliare un po’ la zona, che ci consigliò di provare a candidarci per il festival mandando del materiale. Dall’Europa ci vuole un bel po’ di lavoro: il pezzo deve seguire certi standard, i canoni della canzone devono essere più alti della media italiana ma noi, grazie al cielo, eravamo preparati. Richiedono molte certificazioni, la prova che sei nel settore musicale, che sei in distribuzione – dice Carlotta –  Serve un processo molto complesso. Anche solo essere nominati è un’ottima vetrina: la giuria è tutta del settore, la musica viene esaminata da orecchie abbastanza importanti. Abbiamo presentato Doom Reveil, un pezzo del 2011, e siamo stati scelti.”

raven tide“Non solo – aggiunge Claudio – Il nostro vantaggio è stato avere la distribuzione anche in America, è bastato che andassero a vedere cosa avevamo fatto. Fossimo stati distribuiti solo in Europa sarebbe stato molto meno qualificante. Abbiamo provato così, per vedere cosa succedeva. Un po’ di tempo dopo andammo a fare un bevuta e ci venne in mente che sul sito dovevano essere disponibili i risultati e, scorrendo i nomi, leggemmo Raven Tide.”

Momento di panico.

“Fermi tutti. Improvviso silenzio – dice Marco, batteria –  Poi: scusa, i quattro caffè non li fare, dacci una boccia di champagne! Eravamo quattro italiani su un red carpet di Los Angeles circondati da fotografi che urlano: guarda qui, guarda qui!”

“Avevamo già in programma di andare – dice Carlotta – e praticamente organizzammo tutto due giorni prima e ripartimmo tutti la mattina dopo la premiazione”

“Tranne me – aggiunge Federico, bassista – che ho comprato il biglietto dopo e sono partito qualche giorno in ritardo. Così mi sono goduto il party post premiazione. Ed era anche il mio compleanno! (non pensate male, non beve – Carlotta). Sono rimasto cinque o sei giorni da solo li in giro.”

Sono stati nominati, sono partiti ed è iniziata l’avventura: “C’era la possibilità di suonare, ma abbiamo preferito guardarci intorno ed entrare in qual mondo studiandolo a dovere – dice Carlotta –  Il risultato lo danno la sera della presentazione al Fonda Theatre di L.A.: è come l’Oscar, devi andare, assistere alla cerimonia, aspettare il turno e poi senti il the winner is. L’atmosfera era quella delle grandi occasioni, ci siamo trovati davanti alla produttrice di Lady Gaga, per esempio. Ci siamo vissuti Claudio-Biancalanil’Hollywood concreto: red carpet, intervista e tutto quanto. Ti sembra di essere in un film, devi entrare subito nel meccanismo e nei tempi. Non abbiamo vinto, ha vinto una band americana nella categoria rock, ma in effetti erano molto vicini al soul. Di rock vero all’europea non c’era praticamente niente, è tutta roba un po’ sperimentale, misto fra blues, pop, rock californiano. Le nostre sonorità, che possono essere un po’ più dure, non c’erano: è tutto molto più tranquillo. In ogni caso, i complimenti sono stati molti: è bello soffermarsi sulle parole che dicono, oltre alla produzione cercano di capire la mentalità della band, vogliono sapere il perché del nome della band, le nostre tematiche. Ci hanno definito una sorta di Evanescence con un “italian twist”: ci sentono un’impronta europea e una sonorità, anche nell’accento, italiana che la, comunque, piace. Fa simpatia e stile. Da qui non l’apprezziamo, ma li è così. Sono abituati a sentire il latino americano nella musica, da Jennifer Lopez ai Sepultura, ma le cose che vengono dall’Italia sono tutte nuove.”

Soprattutto in un genere che non vede molte band italiane sulla cresta dell’onda a livello mondiale: “Mi vengono in mente solo i Lacuna Coil o i Rhapsody – dice Claudio – In ogni caso queste band sono diventate americane, che è uno dei primi consigli che ti danno le produzioni: perdere l’accento. Qui suppongono di sapere da italiani cosa da fastidio agli americani, invece è qualcosa di diverso, amano la diversità e sono curiosi di sentire cose che non conoscono.”

Il pezzo è comunque stato molto apprezzato: “Abbiamo parlato con moltissimi produttori – spiega Carlotta – non c’è il divario fra chi è un musicista affermato e chi magari sta entrando onda in quel mondo, come qui: li tutti parlano con tutti, siamo tutti musicisti, lavoriamo tutti nello stesso campo, cerchiamo tutti gli stessi obiettivi. E’ un mondo molto più aperto. Per esempio Verdine White, il bassista degli Earth Wind and Fire, e parliamo di un signore che ha venduto cento milioni di dischi, si è messo a chiacchierare con noi e quando ha scoperto che siamo italiani se n’è uscito con: “ciao bella!” (no, era GIAO bella! – Federico). E’ stata una scena bellissima.”

3-2-663x1024Dopo questa esperienza sono tornati all’ovile, si sono rimessi al lavoro e hanno iniziato a lavorare di produzione per finire i pezzi in cantiere, diventati i nuovi singoli: “In contemporanea ci siamo messi a lavorare coi contatti raccolti e le varie collaborazioni appena nate – continua Carlotta –  mandando mail giro sono uscite fuori diverse date per questo novembre e abbiamo scelto quelle più giuste per noi, intramezzandole con interviste, showcase e presentazioni. E’ il nostro primo tour negli USA, e abbiamo puntato su alcuni dei locali più portanti di L.A. come il Whiskey a Go Go con gli Our Frenkenstein e i Beasto Blanco il 10 novembre, in cui milita Chuck Garric, musicista di Alice Cooper, e canta sua figlia Calico Cooper. Chissà che magari il babbo non si faccia vivo, visto che finisce il tour tre giorni prima proprio in zona! Fra l’altro abbiamo un concerto proprio la sera dell’election day. Quando interagisci con chi organizza questi eventi ti rendi conto della loro mentalità: ti vogliono seguire, metterti a tuo agio, c’è interesse all’artista e l’intenzione di metterti in condizione di fare un bello show. Inoltre tutti i nostri live americani saranno live in streaming su Facebook. L’unico problema a quel punto sarà l’orario!”

La mentalità è un fattore fondamentale degli Stati uniti: “Te ne accorgi ovunque – dice Federico –  sono entrato in vari megastore musicali sulla Sunset Strip, mi mettevo a parlare con un commesso, veniva fuori che avevo partecipato all’Hollywood Music In Media e stavamo a ragionarne per ore, andavano a cercare la pagina Facebook, si scaricavano la foto sul telefono, chiedevano informazioni. Sono curiosi, vogliono sapere tutto quello che possono sapere su realtà musicali diverse dalla loro, cose che non conoscono. Qui purtroppo spesso è molto diverso, mentre li respiri un’altra atmosfera, ti da più gratificazione. Parli con gente che ha a che fare con l’organizzazione di Slash la sera prima e poi con te, e ti trattano allo stesso modo. E’ anche per questo che nel campo dello spettacolo hanno una marcia in più.”

raven tideD’accordo, ma che sensazione da l’idea di suonare a Los Angeles fra poco meno di un mese? (Io ho comprato i pannolini – Federico)

“Per fortuna ci siamo già stati, e loro non ti mettono ansia -dice Carlotta –  in Italia è un problema, hai davanti il pubblico che a volta non aspetta altro che vedere qualcuno che sbaglia per trovare il tecnicismo, soprattutto se sai suonare anche tu. Siamo tutti fenomeni e alla fine non ci godiamo lo spettacolo. Te che sei sul palco entri non con spirito di condivisione, sei in guerra. Li no, siamo tutti artisti, hai tirato una stecca? Ma va bene, c’era il cuore, è uguale! Certo l’attenzione e la cura sono necessarie, ma senza cadere nei tecnicismi.”

Oltre al tour americano i Raven Tide si sono lanciati in un’altra avventura, l’autoproduzione, che li rende molto più liberi di lavorare rispetto a prima: “La produzione del primo album è stata caldamente consigliata dalla Lost Sound, la nostra vecchia etichetta, che ci affidò a Frank Andiver, ex batterista dei Labyrinth – spiega Carlotta – lui ci ha imposto di lavorare con zero effettistica, e l’album che è uscito ci sembra scarno: puntavamo a sonorità più complesse che non sono uscite come volevamo. Avevamo già la maggior parte del materiale pronto e abbiamo fatto l’album in tempi record: in 22 giorni abbiamo chiuso l’album e l’abbiamo mandato a fare il master a New York. Purtroppo molte etichette sfruttano le band emergenti, come anche i promoter, le agenzie di booking: se il servizio che offrono è necessario, se ci aiutano ad andare avanti le cose funzionano ma purtroppo qui, spesso, le etichette hanno rooster di decine di band e le raven tidegestiscono come un allevamento, non ci sono persone che ti seguono davvero. Ora le cose sono un po’ cambiate con la distribuzione digitale, ma prima funzionava davvero così.” A quel punto si sono resi conto di essere in gradi di passare allo step successivo: “Il contratto è scaduto a febbraio 2016, e altre etichette ci hanno cercato ma eravamo abbastanza maturi per sapere cosa ci piaceva, e abbiamo preso atto che se ti vuoi esprimere al 100% devi fare il più possibile da solo – dice Federico – da qui la decisione di autoprodurci. Siamo praticamente indipendenti: Claudio ha lo studio, pensiamo da soli alla parte ufficio stampa e io sto dietro alla parte grafica e fotografica. Lavorando così è successa una cosa incredibile: non abbiamo fatto in tempo a far uscire i due nuovi singoli che già c’era chi ne parlava, anche senza passare da etichette e recensioni. Ora usiamo molta più effettistica e siamo più vicini al sound delle colonne sonore, al cinema: è un sound molto più moderno e di carattere, anche perché dopo anni di lavoro insieme siamo cresciuti molto anche noi. Nei pezzi nuovi c’è poco o nulla di come eravamo prima” “E’ un lavoro artistico, creativo e in continua evoluzione – conclude Carlotta – le influenze che subisci cambiano in corso d’opera, riascolti quello che hai registrato un paio di settimane prima e ti vengono altre idee su come cambiare tutto: sta a noi alla fine mettere un punto e decidere che il pezzo è finito” Autoprodursi è sicuramente più faticoso, ma pare valerne la pena: “Oltre a dover suonare devi gestire tutto ciò che riguarda la band – dice B – organizzare, gestire, dirigere. Ma alla fine il bilancio pende dalla nostra parte.”

Purtroppo al momento, e paradossalmente, non ci sono date in Italia: “Siamo in attesa di rispose da qualche locale della zona – dice Claudio – ci sono stati contatti e in effetti una serata prima di partire ci sarebbe piaciuto farla. Un locale ci ha chiamato, senza che noi li avessimo cercati, ed eravamo piuttosto soddisfatti ma alla fine non se n’è fatto di niente per problemi di tempi e tecnici. Fa un po’ strano ma è così.”

Intanto su tutti i canali digitali sono usciti due singoli e il lyric video di Blue, “Abbiamo in cantiere un videoclip, c’è una sceneggiatura – dice carlotta –  stiamo aspettando che varie situazioni si dipanino. Abbiamo già i contatti che servono”. “Stiamo parlando di singoli, l’album uscirà in seguito – aggiunge  Federico – non vogliamo sparare tutto ora, stiamo centellinando le nostre possibilità e abbiamo tante cose in cantiere. Intanto i colpi che abbiamo sparato ora sono piuttosto grossi”.

Un’ultima soddisfazione viene da oltreoceano: i nuovi singoli sono in rotazione radio negli Stati Uniti: “E’ ciò che raccogliamo da quello che abbiamo seminato nel 2015, in qualche modo siamo riusciti a entrare nel sistema. Funziona a passaggi, ogni step porta al successivo e ti apre moltissime nuove strade”

 

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