Daddi - Cintola 1b

E’ stata presentata a Milano stamani, 15 febbraio, la nuova mostra di Palazzo Pretorio “Legati da una cintola. L’assunta di Bernardo Daddi e l’identità di una città”, al via il prossimo 7 settembre negli spazi dell’ex monte dei pegni.

La mostra era già stata presentata a Prato lo scorso mese di gennaio ma in questa occasion e sono emersi nuovi dettagli sul percorso espositivo e sulle opere in mostra, più di 60.

Al Museo Poldi Pezzoli c’erano il sindaco Matteo Biffoni, l’assessore alla cultura Simone Mangani, la conservatrice del Museo di Palazzo Pretorio Rita Iacopino, il direttore dei Musei Diocesani Claudio Cerretelli e Cristina Gnoni Mavarelli, uno dei curatori della mostra.

“La Sacra Cintola, la cintura della Vergine custodita nel Duomo che per secoli è stata il tesoro più prezioso di Prato, sarà al centro della nuova esposizione del Museo di Palazzo Pretorio” e consentirà, si legge nella presentazione, “di accendere un fascio di luce intenso su un’età di grande prosperità per Prato, il Trecento, a partire dalle committenze ad artisti di primo ordine come lo scultore Giovanni Pisano e il pittore Bernardo Daddi, che diedero risonanza alla devozione mariana a Prato come vero e proprio culto civico.

“La mostra – si legge ancora – prende spunto da quel prezioso simbolo dall’innegabile valore identitario per intrecciare i fili di un racconto che parla della città e del suo ricco patrimonio di cultura e bellezza custodito sul territorio e riconoscibile al di fuori dei confini locali”.

La tavola di Bernardo Daddi
Una delle immagini più prestigiose di tutto il Trecento dedicate all’Assunta e al dono miracoloso della Cintola all’incredulo San Tommaso è la pala di Bernardo Daddi commissionata nel 1337-1338. L’opera nel tempo è stata smembrata e la sua complicata diaspora ha fatto sì che si perdesse la coscienza stessa della sua capitale importanza. L’allestimento del Pretorio consentirà di tornare ad ammirare nel suo complesso la monumentale macchina dipinta dal Daddi, riunendo i suoi componenti che originariamente comprendevano una doppia predella con la storia del viaggio della cintola e del suo approdo a Prato (questa custodita nel Museo) e la parallela migrazione del corpo di Santo Stefano da Gerusalemme a Roma, perché si riunisse a quello di San Lorenzo (custodita nei Musei Vaticani), e una terminazione con la Madonna assunta che cede la Cintola a San Tommaso (conservata al Metropolitan Museum di New York).

Percorso espositivo

La mostra si apre con una delle prime attestazioni in Occidente della Madonna assunta che dona la Cintola, con il rilievo eponimo del Maestro di Cabestany, scultore romanico attivo nel Roussillon e in Toscana che lavorò pure a Prato, nei capitelli del chiostro dell’antica prepositura di Santo Stefano (Sezione 1 – Da Cabestany a Prato: genesi di un tema).

Punto focale della mostra è la ricomposizione della pala dell’Assunta di Bernardo Daddi (Sezione 2 – La pala pratese di Bernardo Daddi restituita), per meglio contestualizzare l’operato del Daddi saranno esposte altre opere del pittore giottesco appartenenti a questa stessa fase stilistica contraddistinta da una felice e vivace vena narrativa (Sezione 3 – Bernardo Daddi narratore).

Un nucleo scelto di cintole profane del secolo XIV documenteranno la bellezza di questo genere di manufatti, riprodotto nell’elegantissima Santa Caterina dipinta da Giovanni da Milano nel polittico per lo Spedale della Misericordia, uno dei capolavori del museo di Palazzo Pretorio (Sezione 4 – La Sacra Cintola, le cinte profane e Giovanni da Milano).

Seguirà una rassegna esemplificativa delle diverse elaborazioni dell’iconografia che univa la morte della Vergine e la Assunzione nell’arte toscana del Trecento: una carrellata di dipinti, miniature, sculture permetterà di apprezzare la diversa interpretazione del tema in area fiorentina, dove San Tommaso afferra la Cintola, e in area senese, dove la cintola è lasciata cadere dalla Madonna in volo (Sezione 5 – L’Assunta e la Cintola: varianti nel Trecento toscano).

Il percorso espositivo proseguirà presentando la tradizione iconografica dell’Assunta in terra toscana, dove prevale il tema della Madonna della Cintola col solo San Tommaso, con la selezione di esempi particolarmente significativi e concludendo con gli echi più tardi in area pratese, fino alle pale di Stradano e di Santi di Tito (Sezione 6 – L’Assunta e la Cintola: la tradizione seguente).

Saranno infine esposte tutte le testimonianze documentarie e visive che accompagnarono il culto della Cintola stessa e l’ostensione: le preziose custodie, le suppellettili e gli arredi della Cappella della Cintola nella Cattedrale. Alcuni apparati didattici aiuteranno a comprendere la natura anche tecnica del manufatto e a raccordare fra loro le testimonianze librarie e archivistiche. Si presenteranno anche testimonianze del culto della Cintola nel Duomo di Pisa.

Anche il Duomo di Prato sarà parte integrante di un percorso che permetterà ai visitatori di entrare nella Cappella della Cintola, abitualmente preclusa alla visita e di ammirare da vicino il ciclo di affreschi realizzati da Agnolo Gaddi (Sezione 7 – Il culto e l’ostensione della Sacra Cintola a Prato e in Toscana).

“Presentiamo “Legati da una Cintola” ma con un obiettivo più ambizioso, e a nostro parere giustificato, ovvero quello di evidenziare come il meraviglioso percorso storico, scientifico ed espositivo curato da Andrea De Marchi e Cristina Gnoni Mavarelli che andremo ad inaugurare il 7 settembre 2017 alle ore 17, senza occhio di riguardo per la scaramanzia, planerà in un contesto ricettivo ed adeguato che è quella della nostra città”, hanno detto il sindaco Biffoni e l’assessore alla cultura Mangani.

“Prato, fin troppo spesso, ha dato di sé una rappresentazione monoculturale e si è affacciata fin troppo timidamente sul palcoscenico nazionale ed internazionale con la sua storia, recente e meno recente – si legge ancora – “Legati da una Cintola” farà emergere con delicata potenza quella “coscienza dei luoghi” di cui parlava un illustre nostro cittadino onorario, il professor Giacomo Becattini, teorico dei distretti industriali recentemente scomparso”.